In Svizzera un referendum per mettere un limite agli stipendi dei manager

Un tetto per gli stipendi dei manager. Domenica in Svizzera si voterà un referendum per decidere se sia giusto o meno che un manager guadagni in un mese più di dodici volte l’ammontare del salario del meno pagato degli operai in un anno. Da qui il nome dell’iniziativa “1:12”.

Perché il referendum sia valido, occorre che raggiunga il 50% più uno degli abitanti e almeno 13 cantoni. Come si legge sul sito di Juso (Gioventù Socialista Svizzera), il presidente della GS, David Roth, dichiara “Gli imbroglioni si prendono sempre di più per loro, mentre noi tutti ci ritroviamo con meno soldi in tasca alla fine del mese. Le truffe fatte a detrimento della popolazione devono essere fermate. Ciò è solamente possibile con l’iniziativa 1:12″. Mentre il Consigliere Nazionale di GS Cédric Wermuth, afferma: “Solo l’iniziativa 1:12 impedisce alla nostra società di trasformarsi in un self-service per i top manager.”

Una più equa distribuzione delle risorse, insomma. Per evitare che nelle mani di pochi si concentri una quantità di denaro spropositato mentre il potere di acquisto di un numero sempre maggiore di persone si deteriori sempre di più. Per porre un freno alle disuguaglianze. Considerando che è proprio il lavoro spesso massacrante dei cittadini che permette ai top manager di avere quei profitti da capogiro.

Facile prevedere l’ostilità nei confronti dell’iniziativa dei Giovani Socialisti. Non solo da parte degli ambienti economici, ma anche del Parlamento, del Governo e addirittura della sinistra stessa che propone una revisione degli standard da 1:12 a 1:18 o 1:20. Questo induce gli analisti a ritenere che difficilmente il referendum riuscirà a raggiungere il quorum richiesto.

Non tutti i manager però bocciano la proposta. Il Fatto Quotidino riporta le dichiarazioni di Alexandre Bennouna, Ceo di Victorinox Watch – un’importante azienda svizzera con 120 dipendenti, 100 milioni di fatturato e una radicata tradizione nel campo della responsabilità sociale d’impresa – che sostiene pubblicamente l’iniziativa in quanto “ogni lavoro merita di essere pagato. Un quadro ha delle responsabilità, situazioni difficili da affrontare ed è quindi ricompensato di conseguenza. Ma il dirigente è nulla senza la sua squadra”. Per cui il divario salariale è necessario di fronte a diversi livelli di responsabilità, ma “deve rimanere dentro una forbice che corrisponde bene all’impegno di ognuno”.

La crisi che attanaglia il resto dell’Europa non risparmia nemmeno la ricca (almeno nell’immaginario collettivo) Svizzera. Forse è arrivato davvero il momento di cambiare passo e garantire maggiormente una più giusta ripartizione delle risorse disponibili. E in Italia?

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