Ilva, Vendola ascoltato dai pm di Taranto

Ieri il giorno dell’audizione sul caso Ilva per il governatore della Regione Puglia. Nell’ambito del processo per disastro ambientale, Vendola si è recato al Comando provinciale della Guardia di finanza di Taranto dove è stato interrogato dal Procuratore capo Franco Sebastio, il Procuratore aggiunto Pietro Argentino, il pm Remo Epifani e il sostituto procuratore Giovanna Cannarile, in merito alle accuse rivoltegli per concussione aggravata in concorso.

Sembrerebbe che Vendola nel 2010 avesse esercitato pressioni sul direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per “ammorbidire” una relazione sugli elementi inquinanti prodotti dall’Ilva, in cambio di una riconferma dello stesso Assennato ai vertici dell’Arpa regionale.

Dopo l’interrogatorio di Vendola, sarà il turno proprio di Assennato. Mentre Massimo Blonda, direttore scientifico dell’Arpa pare aver rinunciato ad essere ascoltato dai pubblici ministeri. Nei loro confronti è stata avanzata l’accusa di favoreggiamento personale nei confronti di Vendola, perché avrebbero negato di aver ricevuto pressioni dal governatore per favorire l’Ilva.

Pochi giorni fa è stato anche deciso il dissequestro dei beni dei Riva, per 8,1 miliardi di euro, da parte della Corte Costituzionale. Ed è la prima volta che la Consulta si esprime favorevolmente riguardo alle vicende che interessano il gruppo Riva.

La reimmissione in possesso è immediata e quindi anche il custode Mario Tagarelli, ex presidente dell’Ordine dei commercialisti di Taranto, nominato dal gip a maggio, decade dalle sue funzioni. Altro punto riguarda l’entità del sequestro. Gli 8,1 miliardi di euro corrisponderebbero alla cifra stimata dai periti del gip per risanare il danno ambientale dell’Ilva. In realtà si è attestato intorno ai 2 miliardi, cioè quanto i finanzieri sono riusciti a trovare in mesi di verifiche fatte in tutta Italia. La gran parte sono immobili, ma c’è anche la quota azionaria dei Riva in Alitalia dal valore di una settantina di milioni di euro.

Attualmente restano sequestrati gli impianti dell’area a caldo del siderurgico di Taranto e i beni delle società controllate dall’Ilva. Dal provvedimento del gip, si è salvata solo l’attività dell’Ilva perché la legge 231 del 2012 autorizza ancora a produrre.

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