I Positive Thinkers non vinceranno mai l’ Oscar

Avete presente i “Positive Thinkers“?

Sono i nuovi hippie ma vestiti bene, con un buon dopobarba, il sorriso innnescato. Hanno sempre una buona parola per tutti e scrivono status su Facebook molto rassicuranti e incontestabili che ricevono immediatamente qualche decina di “like”.
Che non è che siano beati qualunquisti, sei tu un serial killer.

Perennemente “fatti” di buonismo, la politica è un male necessario di cui non parlare mai, l’impegno civile e sociale sono due banner da mettere nel sito Corporate dell’azienda, la “presa di posizione” è un aggeggio che serve per far entrare meglio una spina nel muro o forse una pratica sessuale, chissà. Di certo, non un tentativo di opinione.

A Capodanno sulle TimeLine si sono impegnati per il nuovo anno a non dare ascolto a chi si lamenta sempre, di allontanare chi ha un atteggiamento negativo, di non farsi fagocitare da chi “gli fa perdere energie”. Li immagino impegnati tutto il giorno a fare campionati di uncinetto. Mai un giornale, mai una discussione politica, mai un commento diretto. Va-Tutto-Bene.


Positive Thinker vs. “Artigiani”

Mario Calabresi ha scritto due libri straordinari: “La fortuna non esiste” e “Cosa tiene accese le stelle”. Si racconta la storia di persone che sono riuscite a risollevarsi da grandi sfortune e da destini avversi attraverso una grande forza di volontà ma soprattutto combattendo, alzandosi e risalendo. Si racconta di persone che hanno saputo cogliere un attimo preciso per dare una svolta importante alla propria vita. Non pensavano positivo, agivano e cambiavano il loro tempo.

Aldo Cazzullo ha scritto un libro che si chiama “Basta piangere” Un brutto tentativo di ripercorrere le tracce di Calabresi in un momento storico oltretutto ben più predisposto rispetto a 5 anni fa a sentirsi dire che “la volta del cambiamento siamo noi”. Ai positive thinkers piace vincere facile.
Eppure al di là del titolo, la sensazione è quella di accomodarsi in un grande divano morbidoso, facendo finta che le macerie tutte intorno siano parte di un arredamento ricercatamente Post Atomico.

Questo libro è il Manifesto perfetto del positive thinker: fare finta che tutto vada bene e tu sia il motore del cambiamento. E invece sei Vil Coyote mentre BipBip ti infila il candelotto di dinamite fra le gambe.

Il Capitale Umano è un film duro, amaro. Un’impietosa descrizione di atteggiamenti, stili, modi di vivere e di lavorare. Il Connecticut come la Brianza, ma come gran parte dell’Italia. Quella vera: dei banchieri, dei politici, degli affaristi senza scrupoli e di quanti hanno stravolto questo Paese.
Esodati, Terre dei fuochi, neutrini e spread, economie altalenanti, l’Abruzzo e l’Emilia, i festini allegri. Ricordate?

La stessa Italia raccontata più a Sud ne “la grande bellezza“, così da completare l’assetto geografico del Paese a scanso di equivoci. Candidato all’Oscar, a dimostrazione di quanto gli stranieri abbiano recepito meglio di noi la deriva verso cui ci dirigiamo e dove continua a portarci tutto questo pensare positivo che tanto… “è sempre stato così”. O peggio, come asserisce Cazzullo, “oggi si sta decisamente meglio di ieri”.
Una responsabilità non da poco.

Di certo i “positive thinkers” preferiscono riconoscersi in “Sole a catinelle“, un’Italia molto più confortevole, dove alla fine siamo tutti uguali: una scoreggia non sposta le montagne e la leggerezza salverà il mondo. Per carità, ho riso anch’io, ma Checco Zalone, personalmente, non mi conforta.

Piacere a tutti ma non preoccuparsi di nessuno, li relega a un ruolo di generiche comparse.
Ma le comparse non vincono mai l’Oscar.

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