Cina, popolazione a quota 1,34 miliardi

La popolazione cinese continua a crescere, ma a un ritmo più lento che in passato. Secondo l’ultimo censimento del governo di Pechino, nel 2010 i cinesi erano 1 miliardo 340 milioni, al di sotto della quota prevista di 1,40 miliardi di persone. E ciò che più importa, in termini tendenziali, è l’evoluzione demografica dello stato asiatico: nel 2000, gli abitanti erano 1,27 miliardi, quindi, in dieci anni la crescita demografica è stata del 5,84%, contro l’11,7% del decennio precedente, 1990-2000. Ciò confermerebbe il venire meno della necessità nel proseguire con la politica di contenimento demografico, che consente alle famiglie urbane di avere solo un figlio e a quelle delle campagne di averne massimo due. Queste misure hanno sì diminuito il tasso di crescita della popolazione, ma stanno avendo conseguenze negative sull’invecchiamento demografico, con una percentuale in caduta libera dei cinesi pari o sotto i 14 anni di età, che si attesterebbe al 16,6% del totale della popolazione, -6,29% dall’ultimo censimento del 2000. Aumenta, al contrario, la percentuale degli over 60, che arrivano al 13,26%, registrando un +2,93%.

Quindi, la crescita economica impetuosa della Cina, congiuntamente alle misure di contenimento demografico adottate da Pechino, sta dando gli stessi risultati, in termini di invecchiamento progressivo della popolazione e di diminuzione della fascia più giovane di età, che si è già verificata in tutte le economie avanzate.

E’ probabile che l’esito di queste cifre possa convincere il governo ad ammorbidire le leggi sul numero massimo di figli per famiglia, seppure con gradualità.

Al momento, infatti, le preoccupazioni dell’esecutivo non riguardano il numero dei suoi abitanti, quanto la corsa dei prezzi, che non si arresta, sospinta, oltre che da fattori congiunturali internazionali, anche da dinamiche interne, tra cui la tanto temuta bolla speculativa immobiliare.

Fino ad oggi le tensioni nelle campagne, così come nelle città, sono state parecchio contenute, ma Pechino teme che la crescita dei prezzi alimentari possa generare disordini e malumori difficilmente contenibili. Per questo ha adottato da mesi diverse misure restrittive sul fronte dei tassi, ma l’impetuosa crescita delle esportazioni, non rallentata, a causa dello squilibrio sul mercato dei cambi, sembra non facilitare il compito del governo cinese, il quale teme adesso che la Cina possa subire gli stessi effetti nefasti dello scoppio della bolla immobiliare americana del 2008.

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