Gran Bretagna, oggi referendum per legge elettorale

In Gran Bretagna oggi è il supergiovedì in cui si tiene il referendum per scegliere o meno una nuova legge elettorale, come voluta dai liberaldemocratici di Nick Clegg, che ha offerto solo un anno fa il suo sostegno al governo conservatore di David Cameron, solo in cambio di un pacchetto di riforme costituzionali, oltre che dell’ambita nuova legge elettorale in senso proporzionale. E così, da oggi, la patria del bipartitismo quasi perfetto e dei collegi uninominali, in cui vince il candidato che prende più voti, potrebbe dire addio alla sua tradizione plurisecolare del sistema attuale e abbracciare un modello più proporzionale, che darebbe ai partiti terzi un peso politico maggiore, forse anche decisivo, per la formazione dei governi e delle maggioranze. Il sistema voluto da Clegg e negoziato con Cameron non è in verità un reale proporzionale, ma si definisce “alternative voting”, in quanto prevede che l’elettore assegni il proprio voto in ordine di preferenza, dal più preferito al meno preferito. Se nessuno raggiunge il 50% dei consensi, i voti del meno preferito si ripartiscono tra gli altri, fino a quando non si giunge con un candidato al 50% dei consensi.

I sondaggi della vigilia parlano di un probabilissimo flop, con pochissimi elettori inglesi che andranno oggi alle urne e si potrebbe anche verificare una vittoria dei no alla nuova legge elettorale.

I rapporti tra conservatori e liberaldemocratici sono molto tesi, tanto che il Ministro dell’Energia, Huhne, parla apertamente contro il suo stesso premier, accusato di raccontare bugie. I conservatori liquidano le reazioni dei libdem come fatti secondari e sperano intimamente che il referendum sia affossato, anche se da Clegg hanno ottenuto una ridisegnazione dei collegi elettorali per sottrarre il territorio dallo strapotere del Labour Party.

In caso di sconfitta, Clegg potrebbe essere rimosso dalla segreteria del partito, anche in seguito al crollo di popolarità dei liberaldemocratici in base a tutti i sondaggi, con un elettorato che non ha del tutto condiviso la politica del leader in favore di un sostegno del partito al governo di Cameron.

Tutti giurano che il governo conservatore-liberale, nato dalle urne del maggio 2010, in seguito alla mancata maggioranza dei conservatori alla Camera dei Comuni, non sia a rischio; ma è difficile pensare che le divisioni profonde tra i due partiti non siano destinate a sfociare in una vera crisi di governo. E Londra, una volta tanto, somiglia molto a Roma.

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