Finanziamenti UE, ora l’Italia chieda lo “sconto”

I conti che il vice-direttore di “Libero”, Franco Bechis, ha fatto in tasca all’Europa, peraltro certificabili, sulla base della contabilità nazionale ed europea, dicono una soloa cosa: l’Italia paga per tutti in Europa. Sì, perchè l’eurocrazia si alimenta ogni anno dei contributi dei Paesi della UE, che poi vengono redistribuiti quasi tutti (una parte serve a finanziare la gigantesca burocrazia di Bruxelles e Strasburgo), agli stessi stati UE, sulla base di determinati criteri di impostazione di politica comunitaria, tra cui i fondi regionali allo sviluppo, che in Italia riguardano quasi esclusivamente le regioni meridionali.

Ora, i dati confermano quanto in realtà già sapevamo da anni, ossia che il nostro Paese è un contribuente “netto”, vale a dire dà all’Europa più di quanto prende, quindi, i nostri soldi vanno a finanziare lo sviluppo degli altri Paesi, sia del Mediterraneo che quelli dell’Est.

Un costo di ben 6,5 miliardi di euro all’anno come media, a cui si aggiungono altri 1,5 miliardi circa, o anche più, per finanziamenti erogati alle regioni italiane, che poi non sono in grado di spendere e ritornano indietro a Bruxelles.

Alla fine della fiera, l’Italia ogni anno ci rimette circa 8-9 miliardi di euro, mezzo punto abbondante del pil, che potrebbe essere impegnato per abbassare il deficit, o diminuire un pò la tassazione soffocante su famiglie e imprese o ancora per finanziare capitoli di spesa come università e ricerca.

Ma il differenziale tra quanto l’Italia dà e quanto essa prende dall’Europa tende a crescere, specie dal 2001. Nel 1984, per rimediare a questi squilibri, la signora Margaret Thatcher chiese e ottenne per la Gran Bretagna il cosiddetto “sconto”, cioè qualora in un anno gli inglesi avessero pagato all’Europa più quanto avessero ricevuto, la differenza avrebbe dovuto essere restituita, sotto forma di minori contributi per l’anno successivo. Non un solo pound inglese, disse la Thatcher, dovrà finanziare gli agricoltori francesi. Misura, di cui ancora la Gran Bretagna usufruisce.

E’ giunta l’ora, dunque, anche per il governo Berlusconi di svegliarsi e impuntarsi su questo capitolo, soprattutto visto il trattamento che la UE ha riservato al nostro Paese, con il caso degli sbarchi a Lampedusa. Se Berlusconi chiede lo sconto anche per l’Italia, potrà già avere qualche soldo per ridurre le tasse, altrimenti continui pure anche lui nella tragica farsa continentale dell’europeismo a tutti i costi.

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