Grecia nel caos e senza speranze

Mentre si discute da come togliere la Grecia dai guai in cui sembra essersi incagliata senza soluzione, il Paese ieri è stato paralizzato da uno sciopero generale, il primo dopo quello proclamato l’anno scorso, per il 5 maggio, in occasione anche allora del varo del piano di aiuti europei ad Atene, in cambio di austerità. E contro l’austerity del governo socialista di George Papandreou sono scesi in piazza circa 10 mila manifestanti nella capitale, che secondo gli organizzatori sarebbero stati, tuttavia, 30 mila. Il Paese si è fermato, ha chiuso, dalle scuole all’università, dalle poste ai tribunali, dagli operai agli avvocati: l’adesione sarebbe stata massiccia. Lo sciopero generale è stato indetto dalla sigla Gsee, Confederazione dei lavoratori greci, che conta 1,8 milioni di iscritti su un totale di 2,5 milioni. L’adesione è stata particolarmente forte anche nel pubblico impiego.

Eppure, lo sciopero di ieri sembra quasi surreale. La Grecia sta per fallire, in Europa si discute apertamente se sia meglio far dichiarare ad Atene la bancarotta oppure procedere con altri aiuti. E proprio due giorni fa si era diffusa la voce di un imminente varo del piano di sostegno da 60 miliardi di euro, che sarebbero spalmati in 31 miliardi nel 2012 e 26 miliardi nel 2013, evitando così che Atene debba fare ricorso ai mercati finanziari per potere soddisfare l’ingente bisogno di liquidità; cosa che avverrebbe con la negoziazione di tassi esorbitanti e non sostenibili.

Il piano sembra meno imminente del previsto, anche perchè in Europa cresce il fronte del “no” ai salvataggi, dalla Finlandia alla Germania, forse passando anche per la Danimarca. La Grecia si è dimostrata un Paese inaffidabile, non serio e non in grado di rispettare gli impegni assunti.

Il solo motivo per cui si tenta ancora di salvarla consiste nel fatto che questo stato fu erroneamente ammesso nell’Eurozona e, se adesso ne uscisse fuori, sarebbe avvertito dai mercati come un segno di cedimento di tutto l’impianto che, al contrario, va salvaguardato.

Ma è evidente che l’Europa dovrebbe valutare la strada di un “exit strategy”, di una via di uscita che allontani progressivamente Atene dal fare danni ulteriori in Europa, magari dopo che le acque si saranno calmate e dopo l’ennesimo intervento di aiuti europei.

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