Yemen: Qatar cessa la mediazione, si aggrava la crisi

Il Qatar ha ufficializzato la volontà di uscire fuori dalla mediazione della comunità del Golfo per tentare di dare un esito pacifico alla crisi dello stato yemenita, che vede la contrapposizione crescente tra il dittatore Saleh e le opposizioni al suo regime. Il passo indietro del Qatar si è avuto, come il governo di Doha ha precisato, per il rifiuto di Saleh di firmare l’accordo proposto dalla comunità del golfo e per le crescenti violenze che stanno insanguinando il Paese in questi ultimi giorni. Solo ieri si sono avuti 19 morti a causa delle violenta repressione della polizia di manifestazioni di protesta contro il regime. E solo pochi giorni fa, durante un corteo di protesta degli insegnanti che chiedevano un aumento dello stipendio, si sono avuti morti e feriti, a conferma del clima ormai degenerato a Sana’a. L’accordo proposto dagli stati del golfo era giunto dopo che i loro rappresentanti avevano incontrato i capi delle opposizioni e lo stesso Saleh, che aveva palesato la volontà di accettarne i termini. Questi consistevano nel passaggio dei poteri al suo vice, nell’impegno a lasciare il potere entro un mese e in nuove elezioni presidenziali entro 60 giorni dalle sue dimissioni. In cambio, le opposizioni si sarebbero impegnate a far emanare un atto di amnistia, a copertura totale dei crimini commessi da Saleh in 32 anni di regime, il quale, quindi, avrebbe potuto contare sull’immunità.

Dopo un primo si, tuttavia, lo stesso presidente ha accusato il Qatar di essere dietro gli scontri nello Yemen, in Siria e in Egitto, mostrandosi recalcitrante a trattare con il governo di Doha. Probabilmente, anche per agevolare il raggiungimento di un accordo, il Qatar è uscito di scena ufficialmente, anche se sembra difficile, a questo punto, che si possa trovare un accordo pacifico tra le parti.

All’inizio delle proteste, Saleh aveva dichiarato di essere disponibile a fare passi in avanti nella direzione delle proposte degli oppositori, confermando di non ricandidarsi più alle elezioni presidenziali. Ma ai toni distesi delle prime giornate sono seguiti atti di violenza crescente che hanno ridotto i margini per una trattativa. Nelle piazze sono stati decine i morti e centinaia i feriti.

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