Ecofin dà via libera al default greco “mascherato”

E’ entrato un nuovo termine nel vocabolario finanziario europeo di questi giorni: “reprofiling“. Una parola apparentemente innocua, utilizzata due giorni fa al vertice dell’Eurogruppo, poi ribadita ieri al vertice Ecofin, a proposito del caso della Grecia. Un modo molto “politically correct”, per dire “default“.

Sì, perchè le proposte di questi giorni, a proposito di una diversa scadenza dei rimborsi, magari su base volontario, altro non sono che la rinegoziazione del debito pubblico di Atene, la tanto temuta ristrutturazione, che, tuttavia, non sembra avere alcuna alternativa.

Si parla di agevolare il rinvio dei rimborsi, in favore di quegli investitori che accetteranno volontariamente. E a chiarire che la Grecia è un caso molto più complesso di Portogallo e Irlanda ci pensa il commissario per gli affari monetari di Bruxelles, Olli Rehn, che snocciola qualche dato: l’anno prossimo il rapporto debito/pil della Grecia sarà al 166%, contro il 142% del 2010. Per questo, bisogna centrare alcuni obiettivi minimi, come la riduzione forte del deficit, che permettano al debito di stabilizzarsi nel medio termine, divenendo solvibile.

Ecco il motivo per cui da Bruxelles si chiede insistentemente che il governo Papandreou proceda con un piano di privatizzazioni per 50 miliardi di euro, che consentirebbe un respiro nel breve periodo alla casse dissestate dello stato ellenico.

50 miliardi di euro, infatti, equivalgono a circa 22 punti di pil, potendo impedire al debito pubblico di crescere nei prossimi due-tre anni, il tempo di riportare il deficit entro i limiti del Trattato.

E il piano di privatizzazioni era peraltro già un impegno che Atene si era assunto, in occasione del varo degli aiuti da 110 miliardi, lo scorso maggio 2010.

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