HSBC ha diramato gli ultimi dati sugli indici manifatturieri in Cina, confermando le indiscrezioni, che già prevedevano un rallentamento del settore della manifattura, che, in effetti, passa da un livello di 51,8 del mese di aprile al 51,1 di maggio, ai minimi da dieci mesi. Il dato si può interpretare con una doppia lettura, i cui aspetti sarebbero entrambi compatibili e veritieri.
Primo, il dato sulla manifattura in Cina è la conferma che la prima parte del 2011 è caratterizzata da una frenata della crescita a livello globale, come indicano anche il freno della produzione e degli ordinativi del settore cinese. In sostanza, ci sarebbe un fattore esterno, che frenerebbe la produzione dello stato asiatico, a causa della minore domanda.
L’altro punto di vista, perfettamente compatibile con quanto appena detto, è la politica monetaria restrittiva, che il governo di Pechino e la Banca Popolare Cinese stanno attuando da almeno sette mesi, per evitare un eccessivo surriscaldamento dei prezzi, in rialzo di oltre il 5% ad aprile, su base annua. La stretta starebbe dando i suoi frutti, come indica la frenata della crescita dei prezzi ad aprile, così come l’ultimo dato sul sottoindice dei prezzi alla produzione a maggio, in calo al 60,1.
Letto così, il dato manifatturiero sarebbe il risultato di una politica che mira a contenere la crescita eccessiva, al fine di contenere un’esplosione dei prezzi, che avrebbe ripercussioni negative sulla stessa tenuta dell’economia e della pace sociale.
Certo, il dato appena pubblicato potrebbe allontanare le chance che Pechino proceda a una rivalutazione del suo yuan, anche alla luce dell’andamento meno brillante del saldo commerciale.





