Draghi da Palazzo Koch: “Si torni a crescere”

Mario Draghi, direttore della Banca d’Italia, durante le sue considerazioni finali è tornato a parlare di crescita, che lui stesso ha definito «il mio punto fisso». Per il direttore è necessario per il paese affrontare delle sfide, anche se alcune scelte possono parere impopolari nel breve periodo. Per Draghi la parola d’ordine, così com’era stato nelle considerazioni iniziali del direttore, resta la crescita. Draghi, alla conclusione della sua esperienza a Palazzo Koch, ha ripreso molte delle sue considerazioni iniziali, come ad esempio l’idea che «l’economia italiana apparisse insabbiata», ma nonostante ciò «i suoi ritardi strutturali non andavano intesi quali segni di un declino ineluttabile».

Il direttore della Banca d’Italia torna a chiedere di «ridurre il peso del fisco su imprese e lavoro. Andrebbero ridotte in misura significativa le aliquote, elevate, sui redditi dei lavoratori e delle imprese, compensando il minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l’amministrazione fiscale ha recentemente conseguito». Draghi ha inoltre aggiunto che «Per incentivare il ricorso al capitale di rischio andrebbe ridotto, nel quadro di una complessiva ricomposizione del bilancio pubblico, il carico fiscale sulla parte dei profitti ascrivibile alla remunerazione del capitale proprio».

Un tema fondamentale per Draghi è stato anche il problema del debito pubblico italiano per cui, secondo il direttore, non esiste alcuna scorciatoia. Nonostante il problema sia diffuso in tutta Europa, per Draghi è necessario portare avanti i piani economici dei singoli Paesi, dando priorità alle manovre correttive pianificate dal governo: «Oggi bisogna in primo luogo ricondurre il bilancio pubblico a elemento di stabilità e di propulsione della crescita economica, portandolo senza indugi al pareggio, procedendo a una ricomposizione della spesa a vantaggio della crescita, riducendo l’onere fiscale che grava sui tanti lavoratori e imprenditori onesti».

Per il direttore la situazione italiana si presenta migliore che in altri paesi: «Grazie alle riforme previdenziali avviate dalla metà degli anni Novanta, a un sistema bancario che non ha richiesto salvataggi, a una prudente gestione della spesa durante la crisi, lo sforzo che ci è richiesto è minore che in molti altri paesi avanzati». Ha poi aggiunto che «una manovra tempestiva, strutturale, credibile agli occhi degli investitori internazionali, potrebbe sostanzialmente limitare gli effetti negativi sul quadro macroeconomico».

 

 

 

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