Intorno alla fine degli anni ’90, il calcio ha vissuto una delle sue rivoluzioni: la Francia vinceva il Mondiale per la prima volta grazie soprattutto a giocatori muscolari e fisici, oriundi provenienti in gran parte dall’Africa. Il gioco era basato su un centrocampo ricco di giocatori di rottura che poi si affidavano alle invenzioni di un giocatore in grado di creare l’azione da gol vincente o la giocata per le ali che si inserivano dalla trequarti.
Se guardiamo alla squadra più vincente italiana dell’ultimo decennio, l’Inter, il gioco, soprattutto negli anni in cui c’era Ibra, era esattamente quello. Vieira, Montali, Cambiasso, a rompere le trame offensive avversarie, con Ibracadabra ad inventare, senza cercare il fraseggio continuo e puntando tutto sulla concretezza.
Ora i tempi stanno cambiando. Il centrocampo sta diventando il fulcro del gioco, perché ai centrocampisti di contenimento iniziano a preferirsi abili palleggiatori. Il modello, ovviamente, è quello del Barcellona, dove sulla linea mediana gioca solo chi accarezza il pallone. Il segreto è tutto in un possesso palla in grado di innervosire qualsiasi squadra, facendo addormentare il gioco, ed aspettando il momento ed il varco giusto per aumentare improvvisamente il ritmo con scambi veloci palla a terra fin quasi dentro la porta.
L’abbiamo visto anche nella partita dell’Italia contro l’Estonia. Dentro tre centrocampisti abili in cabina di regia, più un giocatore in grado di cercare immediatamente il passaggio per aumentare il ritmo e sorprendere le retroguardie avversarie, che Prandelli aveva individuato in Alberto Aquilani, anche se purtroppo dopo pochi minuti è stato costretto a farlo uscire.

Un po’ come accade anche nel Barcellona, questa idea di gioco parte fin dalla difesa, che paradossalmente preferirebbe regalare palla agli avversari, piuttosto che impegnarsi in lancioni lunghi verso la tribuna. In attacco è il trionfo dei giocatori piccoli con il baricentro basso, e velocissimi. Giuseppe Rossi e Cassano nel gioco dell’Italia, Pedro, Villa e Messi nel Barcellona. Pochi cross dalle fasce, ma scambi ripetuti e velocissimi anche dentro l’area avversaria.
Un sistema che funziona e funziona soprattutto per gli amanti del calcio.





