Turchia al voto, Erdogan cerca grande vittoria

Il 12 giugno la Turchia è chiamata a rinnovare il voto per l’elezione dei 550 deputati di Ankara. Il premier Recep Tayyip Erdogan è dato per ultra-favorito, con i sondaggi che danno il suo partito islamico-moderato, Akp, tra il 43% e il 48% dei consensi. Ma Erdogan non vuole vincere, vuole semplicemente stra-vincere. Sì, perchè l’obiettivo del premier è quello di raggiungere una maggioranza dei due terzi dei seggi, tali da avere la possibilità di riformare da solo la costituzione turca e trasformare la repubblica di Ankara in semi-presidenziale, sul modello della Francia di Charles De Gaulle, come egli stesso ha più volte affermato. E in prospettiva del rinnovo della carica presidenziale nel 2014, non fa mistero di avere voglia di candidarsi eventualmente a presidente della repubblica. Il voto di domenica è di grande importanza, non solo perchè la Turchia ha una popolazione di ben 80 milioni di abitanti, ma anche perchè, in effetti, essa è l’unico stato a maggioranza islamica, che si possa definire una democrazia. E alla Turchia e al suo modello hanno guardato i giovani della Primavera Araba in Tunisia, in Egitto, in Libia, ma anche in Libano, Siria, Yemen e altri stati arabi.

La Turchia è stata in grado di rendere compatibile la democrazia con una identità mussulmana, con indiscutibili successi anche sul fronte economico. Sì, la vittoria di Erdogan alle elezioni di domenica prossiam sarà dovuta al suo successo in economia, con un Paese in pieno boom. Nel 2010 l’economia turca è cresciuta dell’8,9%, il tasso più alto dopo Cina e India e il tasso di disoccupazione è sceso al 10,7%. Se poi aggiungiamo che il suo debito pubblico è appena sopra il 40% del pil, possiamo immaginare come quello di Erdogan possa considerarsi a buon titolo un vero e proprio “miracolo economico”. Nel 2000, infatti, quando per la prima volta giunse al governo, Erdogan trovò uno stato allo sfascio, nel bel mezzo di una crisi finanziaria che lo aveva travolto e con una lira ridotta a carta straccia.

Oggi consegna ai turchi un’economia in pieno slancio, con l’unica preoccupazione di una inflazione un pò alta, oltre il 5% della media annua, tanto che dopo le elezioni sarà necessaria una stretta monetaria, per ora rinviata solo per motivi di consenso elettorale.

A questo aggiungiamo che la politica di Erdogan di vicinanza all’Europa, ma di buone relazioni con tutto il mondo arabo da cui è circondato, ha posto le premesse per lanciare la Turchia nel club degli stati più influenti nelle relazioni internazionali.

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