Yemen, ancora spari e proteste a Sana’a

La tragedia dello Yemen continua. Dopo quattro mesi abbondanti di tensioni, adesso la situazione è precipitata in uno stato evidente di caos, che non si dispiega più sulle tradizionali linee di scontro tra regime e oppositori, ma coinvolge lotte tribali e guerriglie di Al Qaida, il tutto in una miscela anti-Saleh, ma dagli effetti esplosivi. Nei giorni scorsi, gli USA hanno utilizzato alcuni loro elicotteri nel sud dello stato, per impedire l’avanzata delle forze alqaidiste; una delle tante situzioni limite in questo caos, con gli americani costretti ad intervenire, in un certo senso, in favore del regime di Saleh, che pure osteggiano apertamente, ma con la sola volontà di impedire che al posto della ferocia dell’attuale regime prenda il posto un califfato di Al Qaida, che per tutto l’Occidente sarebbe una tragedia immane, oltre che per il popolo yemenita. E ieri, come ormai tutti i venerdì di preghiera, nella capitale Sana’a, dopo la rituale funzione religiosa, migliaia di manifestanti hanno sfilato per le strade, chiedendo la fine della dittatura di Saleh e una svolta democratica nel Paese. Sono tanti i giovani che protestano e rappresentano il cuore della rivoluzione di Sana’a.

Ma al momento Alì Abdullah Saleh non si trova nè nella capitale, nè nello Yemen, poichè dopo essere stato colpito al petto e al viso da schegge, privenienti da una bomba fatta esplodere all’ingresso del palazzo presidenziale, egli è stato trasportato in Arabia Saudita, dove i medici lo avrebbero già operato con successo.

E ieri, dopo che si era diffusa la voce che Saleh stesse bene, i suoi militari sono scesi in strada a sparare raffiche di mitra e cannonate, il tutto creando un clima di ancora maggiore ostilità nella popolazione, che vede questi atti come uno sfoggio di profonda arroganza.

Non è un mistero che i sauditi stiano facendo di tutto per tenersi Saleh a Riad, con la speranza di evitare che il confinante Yemen precipiti in una guerra civile, magari facendo giungere al potere forze di Al Qaida, che la monarchia saudita vede come fumo negli occhi, essendo la costellazione terroristica un nemico giurato dello stato arabo.

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