Recensione: Okkervil River – I Am Very Far

Che fine hanno fatto gli Okkervil River che conoscevamo? La band di Will Sheff non ha mai avuto la mano particolarmente leggera, ma arrivati al sesto album sembra che la pomposità sia ormai diventata la loro unica cifra stilistica. A tre anni dal memorabile uno-due degli album gemelli The Stage Names e The Stand-Ins, quello che appare subito evidente ascoltando questo nuovo lavoro è una cura degli arrangiamenti quasi maniacale, che riempie ogni attimo dei pezzi con decine di voci e strumenti.

E’ quasi scomparso del tutto il suono caldo dei migliori pezzi di The Stage Names, sostituito da una ricerca del pathos ad ogni costo, che fa apparire il gruppo texano come la versione indie rock fuori tempo massimo di un qualsiasi gruppetto emo. Gli arrangiamenti pieni di pathos non sono necessariamente un difetto, nell’epoca degli Arcade Fire, ma il problema è che qui non vengono quasi mai supportati da una scrittura all’altezza: invece di lavorare sui pezzi, Sheff sembra accontentarsi di declamare i suoi testi chilometrici (peraltro bellissimi come al solito) con tono monocorde, senza introdurre alcun elemento di novità, mentre le melodie si attorcigliano inutilmente su sè stesse (We Need a Myth).


Poche le eccezioni da segnalare: il bel singolo Wake and Be Fine, posto quasi a chiusura del lavoro, l’intensa Show Yourself, che ricorda i bei tempi di Black Sheep Boy, e il mood quasi caraibico di Your Past Life as a Blast. La band prova comunque a mischiare le carte con esperimenti anni ’80 (Piratess) e il pop di Lay of the Last Survivor, ma i risultati lasciano sempre piuttosto perplessi. Per il resto ci si trova ben presto a rimpiangere l’amalgama folk rock di brani come On Tour with Zykos, per non parlare della delicatezza dei primi album. Un vero peccato, se si pensa che questo nuovo lavoro avrebbe potuto rappresentare il trampolino di lancio per il gruppo di Austin, ormai vicino al successo internazionale dopo anni di oscurità.

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