GB, Cameron riforma le pensioni e taglia pubblico impego

Quando arrivò a Downing Street, costretto all’alleanza con i LibDem di Nick Clegg, non molti avevano puntato sulla capacità del suo governo di fare le riforme necessarie e “thatcheriane” dell’economia, dopo tredici anni di Labour, che hanno lasciato il Paese con un immenso buco di bilancio, pari all’8% del pil e con una situazione del Welfare, caratterizzata da aiuti a dir poco generosi e da una forte arretratezza in termini di regole previdenziali, rispetto a quanto accade negli altri stati dell’Europa continentale.

Certo, molte riforme sono state al momento solo annunciate, ma è pur vero che Cameron si trova al governo da appena un anno. Tuttavia, la volontà, come forse si direbbe a scuola, c’è. E così, si annuncia in Gran Bretagna un’ondata di scioperi del pubblico impiego, che probabilmente non ha precedenti da almeno una generazione di inglesi e forse farebbero impallidire anche la stessa signora Margaret Thatcher, che pure negli anni ’80 fu fortemente contrastata dai sindacati.

Cameron prevede, infatti, di licenziare mezzo milione di dipendenti pubblici sui 2 milioni totali e riforme altrettanto dolorose sono previste per chi rimane. Non si avrà più il privilegio, nel pubblico impiego, di andare in pensione a 60 anni, ma entro 9 anni, tutti i dipendenti pubblici andranno in pensione a 66 anni, come quelli privati.

Non solo: fino ad oggi, lo schema pensionistico era basato su un sistema schiettamente retributivo, che garantiva una pensione legata all’ultima retribuzione, sempre o quasi sempre uguale allo stipendio percepito. Ma nell’imminente futuro si cambia e per evitare il dissesto delle casse previdenziali, la pensione sarà basata su uno schema contributivo, legata solo alla media ponderata dei contributi versati in attività.

Ed è solo l’inizio di una serie prevista di riforme draconiane. Sempre che vengano realizzate.

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