Manovra, Tremonti vicino alle dimissioni

La manovra economica da 43 miliardi è al centro di un durissimo braccio di ferro all’interno della maggioranza. Le misure finanziarie dovranno essere presentate al Consiglio dei ministri di giovedì, ma non è detto che il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, in quell’occasione non si presenti dimissionario. Sì, perchè voci di corridoio parlano di un governo in rivolta contro via XX Settembre e questa volta sono diversi gli esponenti che attaccano Tremonti senza freni e senza che vi sia una sua difesa da parte di qualcuno. Non della Lega, che anzi comunica da via Bellerio che la manovra non la soddisfa proprio, mettendo in palese difficoltà il ministro dell’economia. Il premier Berlusconi ha confidato ai suoi che stavolta vuole giocarsela fino in fondo con Tremonti e che è disposto a cacciarlo, in quanto ormai non è più sostenibile. Ancora una volta, Giulio ha avuto la scarsa delicatezza di fare una manovra in piena solitudine, con i ministri che apprendono delle riforme e dei tagli ai loro dicasteri solo in tv o grazie ai giornali.

Due sere fa, il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, aveva parlato della manovra come “roba da sottoporre agli psichiatri”, giudicandola una serie di misure fatte apposta per fare perdere il governo e la maggioranza. Oggi, in un editoriale dell’ex Ministro della Difesa, Antonio Martino, pubblicato su “Il Tempo”, il deputato pidiellino chiede al suo governo che si spacchettino le competenze del ministero dell’economia, dividendole tra responsabilità di entrate e quella di spesa, in modo tale da togliere a Tremonti l’intero diritto di vita e di morte su tutta l’attività dell’esecutivo.

Ed è lo stesso ministro che ha più volte minacciato le dimissioni. Motivi di contrasto con il premier sono da un lato la sua volontà di approvare prima la manovra finanziaria dei 43 miliardi e poi la riforma fiscale, mentre Berlusconi vorrebbe contestualizzarle. Inoltre, non è piaciuto a mezzo governo, Berlusconi incluso, l’aumento dell’Iva, per finanziare il minor gettito dall’abbassamento dell’Irpef.

Questa volta la sensazione è che si arrivi allo scontro finale: Silvio o Giulio. Il primo non ha più intenzione di cedere all’arroganza del suo ministro, che da anni ritarda le riforme economiche, mettendo in serio pericolo la riconferma di questa maggioranza alle prossime elezioni. E ora è confortato dai segnali degli alleati leghisti che hanno deciso di mollare il loro pupillo.

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