Daniele Vicari, vincitore di due David di Donatello, il primo come Miglior Regista Esordiente e il secondo per il Miglior Documentario di Lungometraggio, continua testardamente a percorrere la sua strada, quella, si potrebbe dire, del cinema come piazza, come agorà, luogo di incontro dove non nascondere né tacere, ma parlare, svelare, senza paura e con dignità. E se finora si era mantenuto vicino al suo mondo, come in “Velocità massima” o “L’orizzonte degli eventi“, questa volta Vicari decide di tentare con audacia il colpo grosso, provando a parlare agli italiani della più grande vergogna dell’Italia attuale, il G8 di Genova.
Nessuno dimenticherà mai la terribile notte del 21 luglio 2001, nessuno perdonerà, ci auguriamo. Ma un’opera d’arte, a volte, può essere più eterna di una tragedia, e può servire come imperativo a non dimenticarla.
“Diaz è un film che nessuno vuole, nessun finanziatore, nessuna televisione”, denuncia Vicari in prima persona; la cosa mi intristisce, ma credo faccia parte del prezzo che nel nostro paese si paga sempre per la propria indipendenza di giudizio”.

Vicari, supportato dal cast, non si è comunque fermato e le riprese sono iniziate, anche se necessariamente lontano dall’Italia, a Bucarest.
Perlomeno, speriamo in una calorosa accoglienza da parte del pubblico al momento della sua uscita.





