Si conclude il premio Strega: vince Edoardo Nesi

A vincere il premio Strega 2011 è stato Edoardo Nesi con il suo “Storie della mia gente”, edito da Bompiani. Il suo libro ha ricevuto 138 voti. Subito dietro, Maria Pia Veladiano (“La vita accanto”, Einaudi) con 74 preferenze supera di poco Bruno Arpaia (“L’Energia del vuoto”, Guanda), che si ferma a 73. Poi Mario Desiati (“Ternitti”, Mondadori), 63 voti e Luciana Castellina (“La scoperta del mondo”, Nottetempo) con 45 voti. Come si pronosticava, è stato proprio Nesi ad avere la meglio alla fine, ottenendo anche un buon margine sugli altri candidati. «E’ stato questo il mio amuleto» spiega l’imprenditore e scrittore di Prato, mostrando l’avambraccio: « Il portafortuna è stato il tatuaggio con il nome di Alvarado». Il nome è quello del padre: per Nesi la famiglia e l’impresa condotta da suo padre è stato il centro attorno al quale costruire il suo libro. «Ancora – dice – non mi rendo conto di aver vinto. Nonostante le previsioni non mi sono mai sentito il premio in tasca. Lo Strega è un terno al lotto. Basta uno scarto di un voto e sei fuori. E poi il mio è un libro anomalo. Molto diverso da quelli che di solito gareggiano. È una via di mezzo tra un reportage e una denuncia, tra un pamphlet e un romanzo».

L’impresa da cui parte la narrazione di “Storie della mia gente” è la Lanificio T.O. Nesi & Figli, creata dai bisnonni di Nesi, «non tanto per il presente quanto per il futuro, per i figli che sono nati e per quelli che verranno». «Sull’altro braccio e sulla spalla ho tatuato i nomi di Ettore e Angelica. Sono i miei figli e tutto questo voleva indicare la continuità della nostra manifattura» continua Nesi, anche se poi parla della crisi dell’impresa della sua famiglia. «Mi sono trovato a fare i conti con l’arrivo della globalizzazione. E con l’incapacità di una classe politica che non ha saputo prevedere le conseguenze. La concorrenza cinese è responsabile solo in parte del fallimento della mia attività. Nel libro c’è una sofferta partecipazione e grande compassione per uomini donne costretti a turni massacranti, a condizioni di vita disumane».

Lo scrittore si divide fra due attività: la scrittura, appunto, e l’impresa. «Ho anche scritto e diretto il film “Fughe da Fermo”, tratto da un mio racconto, che mette in scena una storia di vitelloni di Prato che reagiscono al vuoto esistenziale organizzando gratuiti atti di rivolta. Industriale lo sono diventato perché era la strada “naturale”, diciamo così, che mi si prospettava. Ma poi mi sono appassionato. Nel libro ricordo gli anni del boom, la crescita economica, l’espansione del mercato. Sentivo di appartenere a una generazione vincente. Non voglio peccare di retorica ma la nostra impresa era come una famiglia, conoscevo tutti quelli che vi erano impiegati. Certo io ero il padrone ma ero cresciuto con alcune certezze. Ero sicuro che il mio impegno avrebbe dato buoni frutti per tutti».

Infine Nesi ha parlato di uno dei libri che di più lo hanno ispirato, cioè “Il grande Gatsby” di F. Scott Fitzgerald: «E’ sempre stato il mio scrittore-guida anche se ovviamente è una vetta ineguagliabile. Aver vinto lo Strega comunque mi garantisce una certezza: il mio grido di dolore sulle sorti della piccola industria italiana amplificato dal premio può diventare un urlo, farsi sentire, avere presa, risvegliare la sensibilità sia dei lettori sia della classe dirigente che se ne dovrebbe occupare».

 

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