L’Italia paga l’avidità della casta, adesso basta

I dati che ogni ora giungono da Piazza Affari sconcertano e inducono a una seria preoccupazione per quello che potrebbe accadere se la situazione fosse destinata a proseguire per giorni e giorni. In un paio di sedute, lo spread tra i rendimenti dei nostri titoli a dieci anni e quello tedeschi è passato da una media di 170-180 punti base a 330 punti base, ossia una crescita di almeno 150 bp, destinata ancora forse a crescere. E’ evidente che l’attacco all’Italia è, in realtà, un attacco contro tutta l’Eurozona, in quanto gli investitori sono consapevoli che le grosse dimensioni dell’economia italiana non consentono un raggio di azione per l’Europa che possa riportare la situazione alla stabilità. Ma quello che dobbiamo chiederci è se come sistema-Paese abbiamo realmente fatto tutto il possibile per evitare quello che potrebbe trasformarsi in un tracollo finanziario prima ed economico poi. Soltanto pochi giorni fa, la Camera bocciava la proposta di abrogazione delle province italiane. Direte voi: che c’entra questo con la crisi? Direttamente, un bel nulla. Nei fatti, tantissimo. Quella bocciatura è la spia di una mentalità che vede nel pullulare di organismi, apparati amministrativi e di potere inutili, un viatico sicuro per clientelismi e carrierismi dannosi al nostro Paese. E che costano ogni anno molti miliardi che potrebbero essere risparmiati a beneficio di conti ordinati. Non solo: questo sistema di moltiplicazione dei centri non-decisionali, funzionali solo a conservare rendite di posizioni, crea in sè anche le premesse per una crescita continua della spesa e della burocrazia, non solo per il mantenimento delle clientele politiche, ma anche per esigenze di visibilità e per giustificarne l’esistenza stessa.

Quel voto tradisce l’idea che, tutto sommato, l’Italia possa continuare a stare in Europa, ma andando avanti nell’andazzo di sempre, in cui una casta di poteri deboli ma dispendiosi abbia la possibilità di sopravvivere contro tutto e nonostante tutto. Racchiudono il senso di questo discorso le parole del ministro Rotondi, a cui andrebbe almeno riconosciuta la sincerità. Egli ha affermato che la politica ha fallito ed è impopolare, ma non si possono toccare i politici, perchè se no fanno cadere il governo e mandano tutti a casa. Ergo: piaccia o meno, i “politici devono essere coccolati“.

E’ esattamente la ragione opposta al motivo per cui esiste la democrazia. I politici non sono un potere auto-referenziale, ma un insieme di persone la cui unica finalità sarebbe quella di rappresentare l’eletto e le sue istanze, certamente anche mediandole con esigenze di tipo istituzionali e del vivere pubblico. Ma siamo ben lontano da una tale concezione. L’Italia è uno stato di caste, di cui la politica rappresenta l’espressione più sfacciatamente mediocre.

 

 

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