PDL senza cultura di mercato e non lo capisce neppure

I modelli di ispirazione politica e culturale del Popolo della Libertà, il partito di maggioranza relativa nel Paese, che alle scorse elezioni ha trionfato con il 37,4% dei consensi, in un Paese dove da quasi venti anni nessuno oltrepassava la soglia del 30%, sono da sempre stati, tra gli altri e sebbene non soltanto, Margaret Thatcher e Ronald Reagan, oltre anche una certa forte simpatia per Josè Maria Aznar, tra gli statisti più recenti. Ora, nessuno pretende nè desidera che un partito o un governo scimmiotti altre storie, magari realizzatesi in altri contesti storici e culturali. Ma pensare che il nome del PDL possa anche solo essere associato all’azione politica di una Thatcher o di un Reagan è un puro esercizio di menzogna storica, che i protagonisti di questa maggioranza sperano ancora di fare credere a qualcuno. L’azione di politica economica di questo governo, non per volontà del suo premier, bensì per la modestia di alcune delle persone che vi fanno parte, non può nemmeno essere inquadrata all’interno di un contesto di centro-destra, essendo il risultato di un potere non bilanciato del suo ministro dell’economia, la cui ispirazione personale e politica è profondamente di sinistra, ma di una sinistra dirigista e anti-mercato.

Con l’approvazione di questa manovra, Tremonti conferma la sua vocazione socialista, più volte notata dagli osservatori, anche i meno attenti, così come lo stesso PDL dà l’ennesima dimostrazione di non avere nulla a che vedere con una cultura politica favorevole al mercato, avendo criticato la manovra solo sulle parti eventualmente di riduzione della spesa e avendo quasi provocato una crisi, quando era stata prevista la liberalizzazione tout court degli ordini professionali.

Qui, altro che parlare di Thatcher o di Reagan, siamo di fronte a un esecutivo volto a politiche di dirigismo nella vita economica, che si è fino ad ora solo distinto per misure anti-mercato, come quando ha salvato l’Alitalia, con capitali pubblici e cedendo i profitti ai privati o come ha tentato di bloccare la scalata di Lactalis su Parmalat, con un decreto della vergogna, fortunatamente inutile; non perchè ci facciano simpatia i francesi. Tutt’altro. Ma nessun governo al mondo aveva avuto la fantasia di un Tremonti, che ha giudicato la filiera del latte un settore “strategico” dell’economia nazionale. Anzichè parlare di come accrescere la contendibilità della governance di un’impresa quotata, questo governo ha studiato su come ridurla, per fare in modo che il mercato sempre meno influisca sulla gestione di un’azienda.

E con la previsione di un carico fiscale sulle famiglie che sarà destinato a crescere, se non si taglieranno le aliquote Irpef, c’è la prova del nove di quali possano essere i riferimenti culturali di questo PDL. Da oggi, si parli pure di Putin o di un Jospin. Lascino stare chi non c’entra.

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