USA, Obama minaccia veto contro Congresso

Non si giunge a capo di questa vicenda infausta sul debito negli USA. I negoziati proseguono serrati, ma le parti sono ancora molto lontane e i Repubblicani non sono uniti sul tipo di confronto con la Casa Bianca. Il senatore del GOP Mitchell ha proposto da una settimana un accordo limitato al superamento del default, evitando di impegnare la trattativa su un’improbabile intesa complessiva per 4 mila miliardi di dollari. Il piano di riduzione del deficit sarebbe limitato a voci per circa 2500 miliardi al fine solo di evitare la bancarotta. Un’idea minimalista, ma senz’altro di forte realismo, se è vero che al momento quella di Mitchell è l’unica opzione più ambiziosa su cui discutere.

Tuttavia, l’ala più di destra del partito, quella che fa capo ai Tea Party, ha avanzato un piano che potrebbe mettere al voto alla Camera, che prevede l’introduzione nella Costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio, oltre a misure di riduzioni di spesa per 1800 miliardi di dollari. Un piano che realizzerebbe le ambizioni della destra liberista e delle loro politiche di “committment”, ma che difficilmente potrebbero oggi vedere la luce, dato che i Democratici sono ancora maggioranza al Senato.

E Obama tuona dalla Casa Bianca che, nel caso questo piano dovesse essere approvato, egli porrebbe il suo veto. Ma la minaccia del presidente americano è ben più ampia, perchè senza troppi giri di parole, Obama ha chiarito ai Repubblicani che se non si dovesse trovare un accordo sul piano anti-deficit e non vi dovesse essere il default, da qui alla fine del 2012, egli bloccherebbe con il suo veto qualsiasi legge approvata dal Congresso. Un inasprimento delle tensioni che avrebbe ripercussioni sulla tenuta delle istituzioni, paralizzate in una tale ipotesi.

Ma la destra dei Tea Party vuole lanciare un segnale forte e riconoscibile al suo elettorato, distinguendosi per la severità e il rigore nelle politiche fiscali, osteggiando un accordo a Washington che l’allontanerebbe dalla base elettorale, il cui consenso è dato dalla lotta al “big state” e contro le tasse.

Un sondaggio di Gallupp dimostrerebbe che il 71% degli americani non giudica bene il modo in cui i conservatori starebbero gestendo le trattative; ma il voto di questi giorni peserà l’anno prossimo per valutare l’affidabilità e la coerenza dei candidati del Partito Repubblicano rispetto a ciò che predicano.

 

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