La Grecia ci ha fregati, con questi tassi non conviene salvarla

L’ultima asta dei BTp decennali, con scadenza 2021, ha esitato rendimenti del 5,77%, ossia in netta impennata dal 4,8% circa di solo qualche mese fa. In tutti i segmenti temporali sui nostri bond si è avuto un aumento dei rendimenti, il che comporta un maggiore onere per finanziare il proprio debito.

Se questo lo sapevamo già, ciò a cui avevamo fatto meno attenzione era un altro aspetto. Pochi giorni fa, il piano di salvataggio della Grecia è passato, tra le altre cose, attraverso un abbassamento dei tassi sui prestiti concessi ad Atene, nonchè per un allungamento delle scadenze. Il tasso, in particolare, è stato abbassato dal 4,5% al 3,5%. Tutti abbiamo applaudito a ciò che sembrerebbe, a prima vista, una cosa di buon senso, ma non lo è. Anzi, è un fattore del tutto paradossale. Vediamo perchè.

L’Italia, come tutti gli altri stati dell’Eurozona, si è impegnata a prestare denaro alla Grecia, attraverso il meccanismo del fondo salva-stati. Ora, il nostro Paese prende i denari necessari, racimolandoli dal mercato. Ma per avere denaro, anche l’Italia deve pagare un interesse agli investitori. E qui c’è la beffa. Con la diminuzione dei tassi sui prestiti alla Grecia e l’aumento dei rendimenti sui nostri titoli di stato, l’Italia non solo non ci guadagna nulla da questa operazione, ma addirittura presta denaro alla Grecia in perdita.

Infatti, alla Grecia prestiamo denaro al 3,5% all’anno, mentre noi siamo costretti a pagare agli investitori quasi il 6% sui BTp a dieci anni. Se calcoliamo che l’Italia dovrebbe sborsare circa 15 miliardi di euro, mantenendo tali tassi, la perdita solo in un anno che ci comporta salvare la Grecia ammonta a quasi 350 milioni di euro. 

Ultimo paradosso: i rendimenti italiani salgono proprio per il salvataggio della Grecia, che passa per un coinvolgimento dei privati. Atene ci ha fregati due volte!

 

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