Turchia, esplodono tensioni tra militari e premier Erdogan

La Turchia è in stato confusionale, che dimostra come lo stato laico e democratico dalla cultura islamica non abbia certamente molte carte in regola per aspirare a fare parte dell’Unione Europea. Ancora una volta i motivi della specificità turca risiedono nella forza non propriamente naturale dell’esercito, nei confronti della classe politica. E’ accaduto infatti che ieri sera, dopo la chiusura delle borse, i vertici militari si siano dimessi per protesta contro il governo guidato dal premier Erdogan, che si era rifiutato di firmare le promozioni per i molti militari in carcere per accuse varie, tra cui la preparazione di un piano golpistico. Per l’esercito tale firma era un atto dovuto, ma a quanto pare non la pensava allo stesso modo Tayyip Recep Erdogan, uscito vittorioso per la terza volta consecutiva dalle elezioni di due mesi fa e alla guida del governo dal 2002, godendo di una straordinaria popolarità tra la popolazione.

Il premier ha sostituito il capo di stato maggiore Kosaner con il capo della gendarmeria, un gesto considerato del tutto irrituale tra le forze armate turche. Ad ogni modo, ciò che sta accadendo in queste ore è il frutto di una tensione ben più profonda, che va oltre al mancato assolvimento di un atto.

E’ risaputo, infatti, che le forze armate in Turchia, dai tempi di Ataturk, il padre della patria turca, che ha laicizzato le istituzione del Paese, siano depositarie e garanti della laicità dello stato e, pertanto, si sentano in dovere di intervenire, entrando a gamba tesa in politica ogni qualvolta ritengano che ci siano movimenti o partiti di ispirazione religiosa. Una peculiarità, quella turca, che è sempre stata al centro di attenta analisi a Bruxelles, non potendo convincere una tale forza dell’esercito, incompatibile con il modello istituzionale dei Paesi occidentali. Il premier Erdogan è a capo dell’Akp, un partito conservatore, di ispirazione islamico-moderata, per cui non viene visto positivamente negli ambienti militari.

Il governo vorrebbe arrogare a sè maggiori poteri sulla sicurezza dello stato, ad esempio potendo fare a meno dell’esercito nella lotta contro i curdi del PKK. La motivazione ufficiale del premier è che non sarebbe necessario mettere a repentaglio la vita di giovani soldati, per sradicare il terrorismo interno.

Che non sia una questione destinata ad essere derubricata alle cronache di organigramma militare lo hanno capito sin da subito anche i mercati, con la lira turca che ha chiuso in calo. Si preannuncia uno scontro senza esclusioni di colpi.

 

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