Siria, proseguono violenze del regime di Assad

Non si placano le repressioni violente dell’esercito siriano contro la popolazione civile, in protesta in tutto il Paese da almeno quattro mesi per chiedere maggiori diritti e democrazia. Ieri altre 52 vittime civili si sono aggiunte alle circa duemila stimate dall’inizio dei disordini che stanno sfociando in veri e propri massacri di piazza. Le morti sono avvenute nelle città di Deir Ezzor e Houlé. Come per una strana beffa del regime, soltanto un paio di giorni fa il presidente Assad aveva annunciato che entro la fine dell’anno si terranno in Siria elezioni politiche multipartitiche, quindi, prevedendo altre formazioni, oltre il Baath dello stesso dittatore di Damasco. Una presa in giro, come fu nel periodo di Pasqua anche l’annuncio della rimozione di numerose limitazioni alla libertà personale e all’espressione. L’immediata conseguenza di quella promessa fu l’uccisione di centinaia di civili, quasi ad abortire qualsivoglia speranza di mutamento nel Paese.

La situazione si è talmente deteriorata che sono ormai numerose le potenze straniere, che fanno pressione sul regime per ottenere una svolta e uno stop alle violenze. Premono contro Assad il governo turco di Erdogan e lo stesso presidente Gul.

La Turchia teme disordini ai ridossi delle proprie frontiere, dove già si sono ammassate decine di migliaia di civili in fuga, nelle scorse settimane, tanto che Ankara sarebbe in procinto di creare una zona cuscinetto per cercare di contenere i flussi e mantenere l’ordine nella zona. Idea, che il Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, avrebbe appoggiato, parlandone direttamente al telefono con il ministro degli esteri turco, Ahmet Davutoglu. E anche gli Stati Uniti premono per un cambio di regime e una svolta democratica a Damasco. La posizione americana è nota e non sorprende, mentre è una sorpresa quella delle monarchie del golfo, che riunite nella Comunità per la Cooperazione del Golfo, hanno effettuato una comunicazione, in cui condannano le violenze del regime siriano, invitando Assad a cessare gli attacchi contro la popolazione civile.

Clamoroso, poi, quanto fatto dal monarca saudita, il quale ha richiamato ufficialmente il suo ambasciatore a Damasco per consultazioni. Un gesto che nel linguaggio diplomatico equivale a una forma di protesta contro la Siria. Segno che, travolti dall’ondata della Primavera Araba, gli stati mussulmani hanno deciso di mollare regimi impopolari e sanguinari come quello siriano.

 

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