Manovra, tanti dubbi e le insidie in Parlamento

Una rapina fiscale. Così, senza troppi giri di parole viene definita la manovra finanziaria varata dal governo, da parte dei quotidiani vicini al centro-destra, come “Il Giornale”, “Libero” e “Il Tempo”. Non si era mai vista una così forte contrapposizione della stampa di destra alle misure del governo Berlusconi, ma quanto è accaduto nelle ultime ore sta lasciando il segno in quella parte dell’elettorato e di intelligentia che mal ha digerito l‘aumento abnorme della pressione fiscale, che le misure di Tremonti hanno comportato. Non è accettabile che si paghi fino al 53% di Irpef, un furto, un tradimento che il governo di centro-destra compie rispetto al proprio elettorato. Va bene la crisi, va bene l’emergenza, ma arrivare ad aumentare del 10% la sola Irpef è stato salutato con profonda rabbia tra i sostenitori del centro-destra.

Sarebbe la fine del berlusconismo, la mortificazione dello spirito anti-tasse e liberale che dal 1994 ad oggi, malgrado non si sia espresso in atti concreti, ha però rappresentato una speranza per i ceti produttivi, ma anche popolari, che si consideravano vessati e maltrattati dallo stato.

Ad un tratto, però, è come se il berlusconismo abbia tradito un pò tutti e poco importa se “il cuore gronda di sangue”, perchè è il sangue del contribuente che verrà versato sin da subito. E allora, ecco che c’è bisogno di un colpo d’ala, di uno scatto di orgoglio che lasci intravedere al cittadino che non sia ancora spenta la speranza di uno stato più leggero, di un fisco più umano. In Parlamento, una “fronda” di nove eletti nel Popolo della Libertà ha espresso la sua contrarietà alla manovra e ha presentato alcuni emendamenti che mirano a sopprimere le odiate misure di aumento delle imposte, sostituendole con altre di risparmi sulla spesa pubblica.

I frondisti, che già avevano battuto un colpo in occasione del varo della manovra al Consiglio dei ministri, vantano nomi quali Antonio Martino, Giorgio Stracquadanio, Guido Crosetto, Isabella Bartolini, ossia personalità molto vicine al premier, ma che lo stesso avrebbe un pò trattenuto dal compiere atti eclatanti per evitare terremoti interni alla maggioranza.

Ma è evidente che il problema non sia solo un fatto contingente, ma rappresenta un dato culturale che parte del PDL non può accettare, magari lasciando ai socialisti pre-autonomisti alla Cicchitto, per usare un’espressione di Formigoni, il ruolo di killer della cultura di destra nella maggioranza.

 

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