19 agosto 1991: venti anni fa si dissolveva l’Urss

Sono trascorsi esattamente venti anni, sembrano un’infinità, ma a volerci pensare non sono poi così tanti. Era il 19 agosto del 1991 e a Mosca andava in scena lo show-down di quella che fu l’Unione Sovietica. Il presidente Michail Gorbacev si trovava in vacanza in Crimea e un gruppo di dirigenti del partito comunista, della frangia più conservatrice, ne approfittò per tentare un golpe, al fine di impedire che Gorbacev completasse le riforme già messe in atto sulla “glasnost” e la “perestrojka”, che avrebbero a loro modo di vedere dissolto la potenza sovietica. Ma i comunisti conservatori non fecero i conti con il cambiamento culturale che la popolazione aveva già vissuto da qualche anno e, di fatto, quel giorno, migliaia di moscoviti scesero in strada, per protestare contro il tentativo di restaurazione. A capo di quella rivolta vi fu Boris Eltsin, rampante politico riformatore, che salito su un carro armato con un megafono in mano regalò al mondo un’immagine che resterà scolpita nella nostra memoria. Il golpe fallì e Gorbacev, che era stato arrestato, fu liberato.

Ma il mondo cambiò completamente. Il borsino politico esitò questo: Eltsin sale e Gorbacev scende. L‘Unione Sovietica veniva ufficialmente dissolta, per la gioia di alcuni popoli, che si erano ritenuti imbrigliati all’interno di una struttura istituzionale soffocante.

Da lì iniziò la fase della transizione verso la democrazia, che forse ancora non è stata ancora completata. Otto anni di presidenza Eltsin e poi altri otto di Putin e quattro di Medvedev. Ma Putin sta per tornare con ogni probabilità al potere e con lui il disegno di una ricostituzione dell’Urss non già su basi ideologiche e comuniste, ma su una nuova piattaforma geo-politica, che non può essere liquidata dall’Occidente come un maldestro tentativo di neo-zarismo.

Nessuno o forse in pochi vorrebbero tornare sotto il comunismo in Russia. Ma la nostalgia verso l’Unione Sovietica esiste e non si può negare. Essa è la nostalgia di un popolo, quello russo, ma anche di altre identità, vedasi i bielorussi o in parte i georgiani, che pretende di ritrovare la propria vocazione imperiale e la propria dignità di stato leader nel mondo. Ma c’è anche il sogno di vivere in un contesto unitario, costituito da visione, tradizione e identità comuni.

Forse è un modo un pò romantico di spiegare le ragioni di una nuova Urss de-comunistizzata. Ma è bene che noi occidentali non pensiamo di potere continuare a umiliare la volontà dei popoli di ritrovarsi in una casa comune dai tratti identitari e nazionali. Globalizzare non può significare cancellare millenni di storia e di culture nazionali e locali. Non sarà l’Urss di venti anni fa, ma una nuova casa comune dei popoli che vissero il sovietismo. Non dobbiamo temerlo, ma cercare di comprenderlo.

 

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