Proposta sulla manovra, cercate i soldi nelle coop

Ci si punzecchia a ogni ora del giorno all’interno della maggioranza e tra maggioranza e opposizione, nonchè tra governo e parti sociali, nel tentativo di far gravare sugli altri il costo della super-manovra da 45,5 miliardi di euro, che peserà sulle tasche degli italiani tra il 2012 e il 2013. Il problema è essenzialmente uno: abbiamo già una pressione fiscale al 44% del pil; aumentare le tasse ammazza l’economia e la ripresa, ma è l’unico linguaggio che conosce chi non riesce a trovare voci di spesa da tagliare.

E allora ecco che la trattativa si sposta sulla previdenza, al fine di racimolare qualche miliardo, riducendo il salasso sui contribuenti oltre i 90 mila euro di reddito, che sarebbero gravati fino al 10% in più di Irpef (sopra i 150 mila euro).

Qualche voce radicale dalle parti del PD ha anche proposto di tassare i beni ecclesiastici, che oggi non pagano l’Ici. Ma nessuno ha avuto il buon senso di interrogarsi se sia equo, a maggior ragione in tempi di crisi, che le società cooperative godano ancora oggi di un abbattimento dell’imposta del 70%, alla faccia della concorrenza leale.

Nate certamente per lo scopo nobile di mettere insieme i mezzi di produzione dei lavoratori e dei piccoli imprenditori, le coop hanno goduto di un regime fiscale di vantaggio. Ma oggi, esse sono ormai diventate dei colossi in vari settori, dalla grande distribuzione all’edilizia, con un giro annuo di affari dell’8% del pil (circa 125 miliardi di euro).

Le aliquote si applicano solo sul 30% dell’utile, anche se esse hanno un obbligo di reinvestimento. Ora pur volendo conservare un regime fiscale vantaggioso, non è forse venuto il tempo di ridurre tale beneficio, magari prevedendo con gradualità che sia non più di un terzo l’utile non tassabile? Sarebbe una manna dal cielo per le casse dello stato e porterebbe maggiore equità tra le imprese.

 

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