Abolizione Province, niente taglio in manovra. L’unica via resta il referendum

Come da previsione e scontata, si parla di stralcio dalla manovra della soppressione dei piccoli comuni e delle province con meno di 300 mila abitanti. Dopo qualche settimana di vana speranza, già si vocifera apertamente di rinvio della misura, in base a un nuovo accordo tra Alfano e Maroni, che punta a rimettere mano alla manovra, dando spazio alle voci dentro la maggioranza. E la Lega ha fatto prevalere il suo diktat sul punto, perché le province stanno a gran cuore al Carroccio. Se già ci sembravano blandi i tagli alle piccole province, ora non potremmo che sperare che si applichino almeno le misure inizialmente previste in manovra. Ma così non sarà.

Non esiste alcuna reale intenzione da parte di alcun grande partito in Parlamento a dare seguito a quella che è diventata una delle richieste più auspicate dagli italiani.

Gli unici partiti che potrebbero seriamente battersi contro il persistere delle province sono quelli piccoli, che non essendovi rappresentati, se non con pochi eletti, non hanno nemmeno un motivo politico per sostenerle, avvantaggiandosi della popolarità di una loro eventuale posizione soppressiva. Parliamo, quindi, dell’UDC di Casini e dell’Idv di Di Pietro. Non è un caso che nei giorni scorsi, il leader centrista aveva proposto l’abrogazione “totale” delle province, definendo non serio tagliare solo alcune e non altre. Dello stesso avviso Tonino Di Pietro, che ha annunciato una raccolta firme per indire un referendum, che abroghi le province.

E quella del referendum potrebbe essere l’unica soluzione per abolire istituzioni inutili e persino dannose per l’economia, come le 107 province italiane. Ancora una volta, come accadde nel bel mezzo di Tangentopoli, la classe politica si dimostra assolutamente insensibile alle istanze del Paese e chiusa nella sua arroganza.

Non esiste alcuna possibilità per via parlamentare di arrivare a un taglio deciso dei costi della politica. Certo, si potrebbe eccepire che il referendum rischia di scatenare istinti demagoghi contro la classe politica, ma questo sarebbe il risultato che meriterebbe un Parlamento non in grado di legiferare, secondo le volontà dei cittadini che rappresenta e sulla base di quanto promesso in campagna elettorale. Che ne dica ora il PDL, era una promessa del 2008. Roba da ricordarsene alle prossime elezioni.

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