Robin Hood Tax non risparmia le rinnovabili

Salvo modifiche dell’ultima ora in Commissione, o in Parlamento, la cosiddetta Robin Hood Tax non risparmierà in Italia, con la manovra bis 2011, neanche l’industria che si occupa nel nostro Paese della produzione di energia pulita da fonti rinnovabili. La Robin Hood Tax, nel dettaglio, provocherà a carico di quelle società energetiche, aventi un fatturato annuo sopra la soglia dei dieci milioni di euro, un inasprimento dell’addizionale Ires di ben 4 punti percentuali. Ma perché penalizzare le rinnovabili, un settore che, lo ricordiamo, per il suo sviluppo e per la sua crescita fa leva sulle incentivazioni, ad esempio quelle in Conto Energia per il fotovoltaico?

A chiederselo, tra le altre, è l’Aper, Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili, che sulla Robin Hood Tax a carico delle imprese “green” parla apertamente dell’ennesima “contraddizione che fa male all’Italia“. Questo perché l’Italia da un lato si è impegnata a tagliare le emissioni di CO2 da qui al 2020, a fronte di una crescita della produzione di energia da rinnovabili, e dall’altro tassa la green economy dopo aver tra l’altro penalizzato le imprese green nei mesi scorsi con le incertezze legate al taglio delle incentivazioni ed al passaggio dal terzo al quarto Conto Energia.

Secondo quanto dichiarato dal Presidente dell’Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili, Agostino Re Rebaudengo, l’approvazione della Robin Hood Tax a carico anche dell’industria delle rinnovabili andrebbe a mettere in Italia in serio rischio lo sviluppo di un comparto che, per la nostra economia, come abbiamo visto in questi ultimi anni, è stato sia strategico, sia anticiclico.

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