Manovra, l’ultima sbandata: iva, pensioni, tasse, e via alla fiducia

Nel giorno dello sciopero generale organizzato dalla Cgil, che ha registrato una massiccia adesione di tutte le categorie, prendono paradossalmente forma alcune tra le peggiori misure in finanziaria, sempre paventate dal governo ma finora mai ufficializzate e “condite” addirittura dall’imposizione del voto di fiducia. Il Consiglio dei ministri manderà una manovra “blindata” a Palazzo Madama, poi il testo dovrà passare l’esame della Camera prima di sabato: una notevole accelerazione sulla tabella di marcia quindi, dovuta forse alla pressione dei mercati e della politica internazionale che ormai ogni giorno punta il dito contro il governo italiano, etichettato da più parti (ultima, dalla Spagna) come sostanzialmente inaffidabile.

Ma purtroppo le modifiche al testo arrivate in commissione Bilancio sono spiacevoli, a partire dal famigerato aumento dell’Iva, dal 20 al 21 per cento, passando per un micro-contributo di solidarietà, del 3% per i redditi sopra i 300mila euro, fino all’innalzamento dell’età pensionabile per le donne che lavorano nel privato, anticipato al 2014. Giovedì prossimo è previsto che il Consiglio dei ministri sugelli anche la proposta di introduzione nella Costituzione della regola sul “pareggio di bilancio” e quella sul trasferimento alle Regioni delle competenze delle Province.

Saltano quindi tutte le trattative che il governo e il Pdl avevano faticosamente messo in cantiere in queste settimane, praticamente nemmeno una promessa, men che meno tacita, risulta mantenuta. Salta l’accordo con la Lega (“le pensioni non si toccano”) e quello con i “frondisti” del Pdl (niente contributo di solidarietà) ma anche quello con i sindacati “amici” di Cisl e Uil (niente aumento dell’Iva) e quello con le opposizioni (niente voto di fiducia), uno splendido risultato finale, non c’è che dire. Va però notato che l’unico punto su cui risulta che il governo abbia ancora una volta “sofferto” è proprio quello che fin dal principio non avrebbe dovuto essere messo in discussione e che ha causato un “crollo” a catena dell’impianto approvato dall’Europa, ovverosia il contributo di solidarietà. In fibrillazione per tutta la giornata infatti, si era arrivati a sera con la “nuova edizione” della tassa che riguardava ancora i redditi sopra i 500mila euro ma pare che lo stesso Berlusconi, resosi conto numeri alla mano che sarebbe stata una misura-barzelletta (riguardando appena 11.500 contribuenti per un introito complessivo di appena 88 milioni di euro) abbia spinto per rivedere ancora la norma. E’ stato poi il ministro Ignazio La Russa che allontanandosi dal vertice di palazzo Chigi ha riferito alla stampa che la tassa sui redditi altissimi sarebbe stata abbassata a 300 mila euro, finendo per riguardare circa 35mila persone. Non un gran guadagno ma meglio di niente.

Di fronte a questo quadro a tinte fosche, con un governo che ancora una volta vive solo di un risicato consenso parlamentare e che con le sue perdite di tempo e funambolismi ha finito in poche settimane per compromettere ulteriormente la nostra immagine all’estero, ci si chiede quale sarà la reazione di tutte le parti in causa. Mai come questa volta non ha davvero vinto nessuno, e men che meno hanno vinto i cittadini.

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