A Venezia l’ironia e la finezza de “L’ultimo terrestre” di Gipi

“Volevo prima di tutto raccontare una storia non noiosa. Poi volevo creare un’ambientazione sociale che potesse ricordare il mio paese, una terra che ha molta immaginazione sul futuro, ma che ritiene di vivere l’unica realtà possibile”: così Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, spiega l’idea e i sentimenti che lo hanno mosso quando si è accinto a raccontare la storia de “L’ultimo terrestre“, terzo e ultimo film italiano in concorso a Venezia dopo “Terraferma” di Crialese e “Quando la notte” di Cristina Comencini. E con le stesse parole, semplici e dirette, ci spiega il nostro Paese, la nostra piccola Italia di contraddizioni, misure e valori da benpensanti, veli trasparenti e inutili a coprire pregiudizi e insane paure.

La domanda è: se arrivassero gli alieni, cosa troverebbero? Un paese grigio, afflitto dalla crisi e da un popolo che risponderebbe, al contatto anche con gli extra-terrestri, con sintomi di razzismo e par(ab)ole mistico religiose da crociata del nuovo millennio.

E “L’ultimo terrestre”, con un sorriso leggero ma tagliente, chiude così, finemente, il ciclo sulla riflessione sul cambiamento, portato in scena dalla parte italiana del Festival. E il suo tocco viene decisamente riconosciuto e ammirato dalla stampa e dal pubblico. Pacinotti, fumettista italiano al suo esordio con “L’ultimo terrestre”, coglie nel segno!

Tratto dal fumetto “Nessuno mi farà del male” di Giacomo Monti, il film ruota intorno alla figura di Luca Bertacci (interpretato da Gabriele Spinelli alla sua prima prova sul grande schermo), un quarantenne che lavora come camerire al Bingo, rifiuta categorico relazioni con le donne, se non prostitute, e condivide un’amicizia solo con Roberta, un trans. Intorno a lui si coagulano altri personaggi, come il padre o i colleghi. Ma è solo con il possibile arrivo degli extra-terrestri che le cose cominciano a cambiare e i rapporti a differenziarsi. C’è chi ha paura, chi risponde con la totale indifferenza alla notizia o chi apparecchia finti convegni e improvvisa teatrali teorie per racimolare qualche soldo in più..

“Ho creato personaggi che sono delle macchiette”, ha spiegato Gipi. “Sono tutti malvagi. Truffaut diceva che i personaggi dovevano avere del bene e del male. Ma credo anche Truffaut non abbia conosciuto l’Italia del 2011. E se penso alla nostra classe dirigenziale vedo tante macchiette!”.

Insomma finalmente dall’Italia uno sguardo ironico, che non scende a compromessi, che sa pensare e dire la verità.

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