Russia, licenziato ministro finanze Kudrin

Scontro al vertice in Russia. A poco più di 48 ore dalle dichiarazioni del ministro delle finanze Aleksej Kudrin, che ricopriva questo incarico da ben 11 anni e che si era detto indisponibile a servire un prossimo governo guidato dall’attuale presidente Dmitri Medvedev, è stato quest’ultimo stesso a costringerlo alle dimissioni. Una faida personale che non potrà non avere conseguenze politiche e sul piano economico. Aleksej è stato, infatti, un ottimo economista alla guida del ministero dell’economia, sin dall’indomani del quasi default russo di fine anni ’90.

Stimato all’estero e ritenuto una garanzia per gli investitori per via della sua politica molto accorta sui conti pubblici e su come ha ben vigilato sui proventi del petrolio, adesso si teme una fuga di capitali, che potrebbe accelerare, anche in vista di un ritorno di Putin al Cremlino. La situazione è abbastanza complessa e meno lineare di quanto la si possa guardare con occhi stranieri.

Kudrin è stato da sempre un amico fidato di Putin e il suo ministro più competente. Lo stesso Putin lo avrebbe rivoluto nella squadra di governo, da futuro presidente della Russia. E tuttavia il dissidio profondo tra il ministro e l’attuale capo del Cremlino non ha consentito una tale prospettiva. Si vocifera che Kudrin ambisse  (e forse anche giustamente) alla poltrona di primo ministro, dopo avere servito in modo ottimale lo stato per 11 anni. Ma il dissenso con Medvedev ha anche una ragione di tipo finanziaria. Il ministro avrebbe voluto preservare la stabilità dei conti, mentre il Cremlino ritiene di dovere aumentare la spesa militare. In una riunione di ieri con alcuni funzionari locali, Kudrin è stato sbattuto fuori dal vertice e Medvedev gli ha sollecitato immediate dimissioni. Un trattamento inaccettabile per l’uomo che ha trasformato uno stato al collasso finanziario nel terzo Paese al mondo per riserve di valuta estera e oro.

I mercati potrebbero punire adesso la scelta con un deflusso lento e costante di capitali, anche nella prospettiva di una nuova presidenza Putin, ritenuta meno incline alla stabilità finanziaria, rispetto alla gestione di Medvedev-Kudrin. Per questa ragione, il premier russo contava anche dell’appoggio dell’uomo che avrebbe garantito all’estero credibilità e rispetto, guadagnati in 11 anni di lavoro ineccepibile.

 

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