Partito “non” Democratico, verso l’espulsione dei radicali dissidenti

Il voto di ieri sulla sfiducia per il Ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano, colpito dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, da parte della Procura di Palermo, non è passato. Lo hanno salvato 315 deputati, mentre avrebbero voluto dannarlo in 294 .

La maggioranza si è mostrata compatta sul voto, con la Lega che si è espressa contro le dimissioni del ministro, mentre le opposizioni si sono divise, soprattutto all’interno del Partito Democratico. I sei deputati che fanno capo ai Radicali non hanno seguito l’indicazione ufficiale sul voto del gruppo parlamentare alla Camera, votando contro la richiesta di dimissioni. Apriti, cielo! Nel PD è esplosa la bufera, con la coppia velenosissima Bindi-Franceschini, che chiedono l’espulsione dal gruppo dei sei riottosi. Si tratta degli onorevoli Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Maurizio Turco, Elisabetta Zamparutti e Matteo Mecacci. I sei deputati sono sul banco degli imputati, perchè non hanno condiviso la linea del giustizialismo tout court del loro partito, votando in tutta coscienza. Ma questa volta l’avrebbero fatta grossa, perchè si trattava di sfiduciare un ministro di un governo avverso. In un certo senso è come se avessero dato la loro fiducia a un pezzo di governo Berlusconi.

Tanto arrabbiati dentro al Partito “Democratico”, che per oggi è stata convocata la commissione disciplinare interna al PD, che potrebbe esprimersi in quattro modi diversi: richiamo orale, ma è già stato fatto in Aula; richiamo scritto, una sorta di ammonizione di fatto inutile; sospensione; espulsione. Franceschini e la Bindi chiedono quest’ultima pena, perchè non esiste colpa più grande che salvare un ministro del governo Berlusconi dalla gogna politico-mediatico-giudiziaria, ai loro occhi.

Nemmeno il caso Penati aveva tanto fatto infuriare il Politburo del PD. Non sono state avanzate sue dimissioni o espulsione dal gruppo. Che poi l’uomo sia colpito dall’accusa di essere stato il perno di un sistema di tangenti e di finanziamenti illeciti per centinaia di milioni di euro è un’altra cosa.

Poco importa alla segreteria di Bersani se il voto dei Radicali è coerente con la loro storia politica, sia essa gradita o meno. Se si lasciano entrare in un gruppo parlamentare i Radicali di Pannella e Bonino, quanto meno non ci dovrà attendere un voto favorevole a misure filo-giustizialiste. Lo sanno tutti in Italia, tranne Rosy Bindi e Dario Franceschini.

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