Il vertice di ieri tra Francia e Germania sulla crisi dell’Eurozona è stato l’ennesimo “perchè” di cui tutti ci chiediamo, dinnanzi al vuoto contenutistico e di fatti evidente. Nessuna intesa è stata raggiunta tra i due stati, riguardo al punto più interessante della chiacchierata tra Sarkozy e la Merkel, ossia l’utilizzo del fondo salva-stati, l’Efsf, per finalità di ricapitalizzazione delle banche.
Sul punto i due divergono, con la Germania che è contraria sia al rafforzamento del fondo, sia a chè esso sia utilizzato per sostenere i privati, come nel caso delle banche. Sorvoliamo poi sul fatto che nessuno avesse dato mandato ai due di risolvere i problemi dell’Eurozona, non essendo Germania e Francia al di sopra dell’Europa in sè.
Solo un’unione di intenti, in vista del prossimo G20 a inizio novembre, prima del quale i due capi di stato e di governo hanno concordato di presentare un insieme di proposte, utili al rafforzamento dell’unione politica in Europa, con la previsione anche di un commissario ad hoc, che segua i governo degli stati in difficoltà con il raggiungimento degli obiettivi fiscali.
Nulla di importante, insomma, o degno di nota. Tranne che il punto più controverso delle richieste tedesche, tra cui quella per cui la Germania chiede che i voti nel board della BCE siano ponderati, sulla base delle quote di capitale possedute. Secondo i tedeschi, infatti, il sistema per cui una testa vale un voto non andrebbe bene, perchè penalizza gli stati più grandi, in favore dei piccoli.
E’ chiaro il tentativo della Germania di riformare il sistema di voto, che le consentirebbe con l’aiuto di alcuni stati “amici”, come l’Olanda, di avere non soltanto un peso di gran lunga superiore, essendo il primo contribuente della BCE, ma addirittura di potere imporre le proprie decisioni a maggioranza. Discutibile o meno, assisteremo nei prossimi mesi a un inasprimento delle tensioni dentro l’Eurotower a guida Draghi.