Una battaglia tutta a destra quella che ieri è avvenuta alle urne per il rinnovo del Sejm (la Camera bassa) e il Senato. In linea con i sondaggi, ma meglio delle previsioni, si è affermato il partito liberale del premier Donald Tusk, Piattaforma Civica (Po), con il 39,6% dei consensi, contro un comunque ottimo 30,1% dei conservatori di Legge e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski. Grazie all’alleanza con il Partito degli Agricoltori, la maggioranza uscente avrà 239 seggi su 460, oltre la metà. Dunque si allontana l’incubo di Tusk di non avere una maggioranza assoluta dei seggi, nonostante una vittoria. E’ la prima volta dalla caduta del comunismo in Polonia, avvenuta definitivamente nel 1989, che un premier ottiene un secondo mandato. E il risultato sarebbe frutto della buona situazione economica del Paese, unico stato nella UE a non essere andato in recessione nel 2008-2009, con tassi attuali di crescita paragonabili solo alla locomotiva tedesca e mediamente anche oltre il 5% prima della crisi globale.
Dunque, anche l’Europa potrà tirare un sospiro di sollievo. Il filo-europeista Tusk si conferma alla guida della Polonia e adesso sia la presidenza che il governo sono nelle mani ancora dei liberali di Po. La destra nazionalista e anti-europeista di Kaczynski ha ammesso la sconfitta e incassato la seconda batosta, dopo la sconfitta alle presidenziali dello scorso anno, che pure il leader di Legge e Giustizia pensava di vincere, sull’onda emotiva della morte del gemello presidente nella sciagura aerea di Smolensk, in Russia.
Le elezioni del 2011 sono state un remake di quelle del 2007, quando gli sfidanti erano stati sempre Tusk e Kaczynski. Stando ai dati provvisori (quelli definitivi saranno resi pubblici domani dalla commissione elettorale), Piattaforma Civica avrebbe subito solo una leggera flessione dal precedente 41,5%.
Altro risultato interessante per un Paese molto cattolico come la Polonia è l’affermazione del partito anti-clericale di Janusz Palikot, un miliardario, che ha ottenuto intorno al 10% dei consensi. Kaczynski lo aveva definito “l’anti-Cristo”, in campagna elettorale, paventando l’ipotesi che il premier Tusk si sarebbe alleato con lui, nel caso non fosse stata raggiunta la maggioranza dei seggi con il Partito degli Agricoltori. Ipotesi che ora sembra essere svanita, grazie alla solida affermazione del centrodestra al governo.





