Ieri, il cda di Piazza Cordusio ha varato il nuovo piano industriale fino al 2015, oltre all’aumento di capitale per 7,5 miliardi e la comunicazione dei conti trimestrali. Il risultato congiunto delle tre operazioni è stato il crollo in borsa, con il titolo sospeso per eccesso di ribasso, che in chiusura segnava un -6% a 0,774 euro per azione.
Il piano ci dice che in Italia il personale sarà tagliato di 5200 unità fino al 2015, pari al 12% dell’intera platea dei dipendenti Unicredit, per un risparmio previsto per l’area commerciale dell’1,4% per ciascun anno da qui al 2015. Ma sempre il piano industriale chiarisce qualcosa di molto più interessante per chi segue le vicende bancarie: Unicredit sarà trasformata in una banca solo ed esclusivamente commerciale, secondo quanto ha affermato l’ad Federico Ghizzoni, il quale ha implicitamente sancito il fallimento del modello sistemico.
Unicredit dovrà essere una delle banche commerciali più importanti d’Europa e per fare questo bisognerà mettere mano al portafoglio, con un aumento di capitale per 7,5 miliardi, che aggiunti alle svalutazioni sulle partecipate e sui bond in portafoglio, hanno determinato un passivo per il solo terzo trimestre del 2011, pari a 10,6 miliardi di euro, quando nel terzo trimestre del 2010 l’utile era stato di 321 milioni.
Ma l’utile netto al 2015 dovrebbe essere di 6,5 miliardi, secondo gli obiettivi della banca e per raggiungere ciò, bisognerà accantonare interamente anche il dividendo dell’esercizio in corso, mentre esso sarà distribuito a partire dal prossimo esercizio.
Infine, il dato sulle esposizioni complessive di Unicredit ai bond governativi ammonta a 40 miliardi, ma soltanto l’1% di questi sono bond greci, pari a 400 milioni.