Bankitalia, crediti in sofferenza cresciuti del 40%

In un solo anno, da settembre 2010 a settembre 2011, i crediti in sofferenza delle banche italiane sono cresciuti del 39,9%, passando dai precedenti 72,9 miliardi a 102 miliardi di euro. E’ quanto emerge dalle statistiche della Banca d’Italia. I crediti in sofferenza sono quelli considerati a dubbia riscossione.

Il dato risente del peggioramento delle condizioni del mercato, in particolare delle imprese e delle famiglie. Tuttavia, i 102 miliardi di cui sopra sono crediti “lordi”, mentre molto più contenuto è il livello delle sofferenze “nette”, che ammonta a 53,8 miliardi, in crescita del 26,5% su base annua.

Se consideriamo poi che il totale dei prestiti ammonta a 1984 miliardi di euro a fine settembre del 2011, in aumento del 3,6% sullo stesso mese del 2010, in realtà, scopriamo come la percentuale delle sofferenze si attesta tra il 3% e il 5%, a secondo che si calcoli il valore netto o lordo dei crediti dubbi.

Preoccupa, tuttavia, il dato delle variazioni percentuali, molto più marcato per i crediti verso le famiglie. Su 102 miliardi, i crediti in sofferenza delle famiglie sono di 24 miliardi, contro i 16,4 miliardi dello scorso anno, in crescita del 46,3%. Quelli delle imprese ammontano a 66,6 miliardi, dai 47,6 miliardi del settembre 2010, in aumento del 39,9%. Infine, sono 9,9 miliardi i crediti in forse verso le famiglie produttrici, in crescita dai 7,8 miliardi di un anno fa, +16,2%.

Per quanto la crescita dei prestiti complessivi delle banche verso famiglie e imprese possa essere considerata bassa (+3,6%), resta più alta della crescita del pil, forse anche in termini nominali, nonchè dell’aumento della raccolta fondi (+2,8%).

La vera preoccupazione è che la prospettiva sia di una restrizione del credito, anzichè di un aumento dei prestiti erogati dagli istituti. Questo, per effetto delle pesanti ricapitalizzazioni richieste dall’Eba alle banche italiane, che inevitabilmente porteranno queste ultime a “conservare” il patrimonio, piuttosto che ad aumentare i propri impieghi.

Infine, i 210 miliardi di titoli di stato italiani nel portafoglio delle nostre banche rappresentano una minaccia, a causa della loro tendenza a deprezzarsi, con conseguenze d’impatto negative sulla solidità patrimoniale a breve.

 

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