Yemen, Saleh lascia dopo 33 anni. Proteste contro immunità

Il presidente dello Yemen, Alì Abdullah Saleh, ha firmato un accordo che prevede che egli lasci il potere entro 30 giorni, ricevendo in cambio l’immunità. E’ quanto è stato sottoscritto a Riad, dopo circa 10 mesi di scontri violenti tra le strade e le piazze della capitale Sana’a e di tutti gli altri centri urbani più importanti, tra l’esercito e quanti ne chiedevano le dimissioni. Il presidente è stato almeno tre volte sul punto di lasciare, ma al momento di firmare si è sempre tirato indietro. Le cose sono nettamente cambiate da quando lo scorso 3 giugno è rimasto vittima di un attacco dentro alla moschea, all’interno dello stesso palazzo presidenziale, con una scheggia di una bomba che gli era rimasta conficcata nel petto. Per questo motivo, Saleh è stato costretto a curarsi in Arabia Saudita, dove la famiglia reale lo ha costretto a una convalescenza lunga e forzata al fine di convincerlo a lasciare il potere.

Ci sono voluti cinque mesi di trattative e numerosi morti (si calcolano almeno 1500) per arrivare al risultato di oggi. Gli arabi, infatti, temono che la permanenza al potere di Saleh possa rafforzare alcune frange estreme dell’opposizione, che si ritiene essere vicine ad Al Qaida.

Infatti il Paese è frammentato tra i sostenitori di una vera e propria svolta democratica e quanti, invece, si sono associati alle proteste, spinti solo da questioni tribali, oltre che da sollecitazioni esterne, come alcuni gruppi violenti del sud vicini al terrorismo islamista. Ma le proteste non si sono fermate neanche ieri, quando era già circolata la notizia delle dimissioni annunciate di Saleh. Alcuni manifestanti hanno sfilato nella capitale, per protestare contro la parte dell’accordo, che prevede l’immunità per il dittatore. A dire il vero, proprio questo punto è stato al centro delle controversie tra il regime e i suoi oppositori, in quanto Saleh ha sempre temuto di venire processato per i crimini commessi in questi 33 anni di potere.

Sostanzialmente, la svolta di questi giorni rappresenta un successo della diplomazia saudita, che ora potrà assicurarsi l'”amicizia” del successore dell’attuale presidente. E restano per Riad i dossier spinosi ancora di Siria e Iran, che la famiglia Saud vorrebbe risolvere in funzione anti-Teheran.

 

Impostazioni privacy