La banca centrale cinese ha deciso lo scorso 30 novembre che a partire da domani il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche scenderà dal 21,5% al 21%, ossia sarà abbassato di mezzo punto percentuale. La notizia conferma una volontà da parte di Pechino di invertire la rotta della propria politica monetaria, che da circa un anno ha assunto una tendenza più restrittiva, con aumenti dei tassi repo e depo.
L’inflazione sembra avere un pò rallentato la corsa, sebbene rimanga ancora sopra il 5%, ma il picco del 6,5% a luglio sembra essere lontano e la Cina ora è preoccupata dei propri ritmi di crescita, dopo che una stima flash sul manifatturiero segnala a novembre un rallentamento, che porrebbe la macchina produttiva ai minimi dal marzo del 2009.
Il timore del governo è che si sgonfi troppo velocemente anche la bolla immobiliare, che se scoppiasse porterebbe nel baratro numerose banche e rischierebbe di provocare nel Paese ciò che accadde tre anni fa negli USA con il fallimento di Lehman Brothers.
L’abbassamento del coefficiente di riserva obbligatoria implica per le banche maggiori risorse a disposizione per fare credito, quindi, significa la possibilità di prestare maggiore denaro a imprese e famiglie.
Ma oltre alla volontà di perseguire una politica più espansiva, tale atto rappresenta anche una risposta alle richieste dell’Fmi, che soltanto qualche settimana fa, nel suo Rapporto sulla Cina aveva chiesto a banca centrale e governo di intervenire in politica monetaria, non già attraverso azioni amministrative come il coefficiente di riserva obbligatoria, quanto soprattutto attraverso la leva più efficiente del tasso.