Governo riduce indennità, la casta si ribella

Il taglio alla casta c’è, anche se sono in pochi a parlarne: nel decreto “salva-Italia” è infatti prevista la riduzione dell’indennità dei parlamentari (e non solo) a livello dei colleghi europei a partire dal primo gennaio 2012. Una norma contro cui però si ribellano Camera e Senato: “Lede l’autonomia del Parlamento” e per questo motivo andrà rivista.

E reazione diversa non poteva esserci visto che per deputati e senatori è in arrivo una vera e propria stangata, con un dimezzamento dell’indennità di circa cinquemila euro: numeri però che non possono ancora avere il crisma dell’ufficialità, visto che i risultati dello studio di comparazione richiesto all’Istat devono ancora essere presentati. Se il ritardo si protrarrà oltre il 31 dicembre 2011, il governo provvederà a inserire i tagli in un decreto legge: proprio qui scatta la rivolta degli onorevoli che vedono intaccata l’autonomia del Parlamento.

“Dobbiamo essere noi a decidere come intervenire” afferma la prima commissione di Montecitorio che ha già bocciato il comma presentato dal governo. Il problema è che Camera e Senato non sono d’accordo neanche su come dovrà essere ridotta l’indennità: Palazzo Madama chiede che sia utilizzato come metro di paragone l’indennità dei colleghi del Parlamento europeo. Peccato però che in questo caso le spese potrebbero addirittura aumentare: a Bruxelles, infatti, gli eurodeputati prendono 5.900 euro netti al mese, a cui si aggiungono benefit importanti e soprattutto i collaboratori sarebbero a carico del Parlamento. A conti fatti, il costo della casta potrebbe addirittura raddoppiare.

Di diversa opinione invece i deputati che chiedono che sia utilizzata come parametro la media delle indennità dei vari paesi europei: 5339 euro circa. Una cifra che andrebbe a dimezzare l’attuale importo cui hanno diritto i parlamentari che è pari a 11.704 euro al netto della diaria: una riduzione di quasi seimila euro che certo non è ben vista dai “poveri” onorevoli italiani. A guidare la protesta è Lamberto Dini secondo cui “le nostre retribuzioni sono già sotto la media UE”, mentre Alessandra Mussolini rincara la dose affermando che abolire il vitalizio è “una istigazione al suicidio”. Una protesta che potrebbe presto uscire dal Parlamento e toccare anche i vari amministratori locali: il comma inserito nel decreto “salva-Italia” fa riferimento, infatti, anche a consigli e giunte regionali, comunali e provinciali, sindaci, governatori e i manager delle istituzioni pubbliche.

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