Giornata da dimenticare per Unicredit, che per la seconda seduta consecutiva lascia sul terreno il 15%, bruciando in due giorni qualcosa come 3,5 miliardi di euro di capitalizzazione, mentre si appresta a chiederne 7,5 al mercato, per via di un aumento di capitale.
La situazione è davvero pesante per Piazza Cordusio, oggetto di vendite molto forti, a causa dell’annuncio dell’emissione delle nuove azioni a un prezzo scontato del 43% sul Terp, contro una previsione del 35% in media.
L’agenzia finanziaria Bloomberg ha calcolato ieri che il valore di capitalizzazione della banca è uguale a quello che aveva nel 1992, quando si chiamava Credito Italiano e aveva come azionista di maggioranza l’Iri.
Se nel 2010, il suo valore di capitalizzazione ammontava ancora a 40 miliardi, nel 2011 era crollato già del 60%, a cui vanno aggiunti i quasi trenta punti persi in questo pessimo inizio del 2012.
E proprio il cattivo andamento del comparto bancario ha trascinato in ribasso Piazza Affari, che a pochi minuti dalla chiusura si attestava decisamente in terreno negativo per il 3,7%, anche sulla base dei risultati negativi sull’occupazione a novembre, che non lascerebbero prospettare nulla di buono per i prossimi mesi.
E non poteva non andare male anche sul comparto delle obbligazioni pubbliche, con lo spread che resta maledettamente inchiodato in area 520 punti base, chiudendo a 518 bp. Ormai, il rendimento decennale dei nostri BTp è del 7,05%, mentre l’asta della scorsa settimana aveva fatto sperare in un progressivo cambio di tendenza.
Pesano anche le voci di difficoltà con il rilascio della nuova tranche da 89 miliardi alla Grecia, messa in pericolo dalle difficoltà di Atene di attuare le misure richieste dalla Troika (BCE, UE e FMI). Il governo ellenico ha affermato che in mancanza di aiuti, la Grecia fallirebbe a marzo.





