Guerra nel Carroccio, Bossi vuole cacciare Maroni

Il voto sull’arresto di Cosentino è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Si parlava da almeno un anno della presunta faida interna tra il Senatùr Umberto Bossi e l’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Ma se fino a ieri il tutto era circondato da un’aria di reciproco rispetto “ufficiale”, non è così da almeno 24 ore, quando si è scatenata una vera guerra mediatica e politica dentro la Lega Nord, dopo che Bossi ha inviato una lettera a tutti i circoli padani, in cui invita i dirigenti dall’astenersi dal dare vita a incontri in presenza di Bobo. Per tutta risposta, quest’ultimo ha utilizzato la sua bacheca Facebook, per ribadire che non ha intenzione di farsi cacciare dal Carroccio, che ha contribuito a creare in oltre 25 anni di militanza. E centinaia di militanti erano con lui ieri, quando hanno cambiato la loro foto sul profilo con quella di Maroni, in segno di solidarietà verso il dirigente illustre, che rischia di essere seriamente sbattuto fuori dal partito.

Ed è lo stesso Maroni che non fa mistero di un documento che circola all’interno della dirigenza del Carroccio e che pare sia stato scritto di pugno dal capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni, in cui vi sarebbero prove sulla sua cattiva gestione del denaro del partito, all’epoca in cui faceva il capogruppo del Carroccio. “Dimostrerò la mia trasparenza”, ha risposto Maroni, mentre sempre su Facebook, Reguzzoni si chiedeva come mai se Cosentino andava arrestato, Maroni non lo disse quando era ministro dell’Interno e Cosentino sottosegretario.

“Cerchio magico” contro maroniani. La lotta sembra davvero dura e l’obiettivo di Bossi sarebbe di andare al più presto alle urne, perché con questa legge elettorale, per cui gli onorevoli e i senatori sono nominati dal partito, il Senatùr escluderebbe dalla candidatura Maroni e i suoi. Dalla sua, l’ex ministro dell’Interno avrebbe la base più “ruspante”, che considera ormai Bossi un leader decaduto e nelle mani di un cerchio ristretto di persone, lontane dall’elettorato.

Tuttavia, i dubbi sull’opportunità di sostenere Maroni nella faida interna serpeggiano tra piccoli e grandi dirigenti, visto che  questi viene accusato di creare divisioni al di fuori della sua Lombardia e lo stesso Roberto Calderoli, che all’inizio aveva prudentemente appoggiato la sua battaglia, ora con altrettanta prudenza lo avrebbe mollato, per tornare tra le braccia dei fedelissimi.

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