USA, Romney al 35% nei sondaggi nazionali su primarie

Se non è proprio una volata, certamente la crescita dei consensi c’è e magari potrebbe già dimostrare di non essere più “Mr.25%”, come lo ha appellato la Casa Bianca, un paio di settimane fa, riferendosi alla sua incapacità di andare oltre un quarto dei consensi tra gli elettori del suo stesso partito. Si tratta di Mitt Romney, che salvo sorprese, dovrebbe vincere la nomination a Tampa, battendosi contro Obama, per il Grand Old Party. Le sorprese sono naturali in ogni elezione americana, ma la china che hanno preso queste primarie del Partito Repubblicano sembra davvero difficile da modificarsi in corsa.

Secondo un sondaggio ABC/The Washington Post, Mitt Romney sarebbe al 35% su base nazionale, contro il 17% dell’ex speaker alla Camera Newt Gingrich, il 16% del libertario texano Ron Paul e il 13% del cattolicissimo italo-americano Rick Santorum.

Emergono due dati dal sondaggio: crescono costantemente i consensi per il mormone, che non era mai andato oltre il 30%. Tutti gli altri sono appaiati su percentuali simili e non emergerebbe un vero candidato alternativo a Romney, anche perché dobbiamo ricordarci che negli USA, le primarie non sono su base nazionale, come questo sondaggio, ma si tengono stato per stato, quindi, è molto difficile che questi consensi, quando sono così vicini, riescano a concretizzarsi in modo stabile. Per dirla in breve, se non ci dovrebbero essere dubbi sulla vittoria in quasi tutti gli stati di Romney, il suo diretto avversario potrebbe di volta in volta mutare, passando da un Santorum a un Gingrich, disorientando quanti vorrebbero un’alternativa.

Ora, è importante che Romney vinca nel South Carolina il prossimo 21 gennaio, perché una terza vittoria di fila chiuderebbe la partita, sia per un effetto trascinamento che avrebbe su tutti gli altri stati, sia anche per il ritiro annunciato di candidati come Rick Perry o magari lo stesso Santorum, se le percentuali per quest’ultimo fossero molto deludenti.

Avere la quasi certezza che sin dai prossimi giorni potrebbe concentrarsi sulla sfida di novembre contro Obama, anziché a doversi parare dai fuochi di artiglieria dell’ultimo dei giapponesi dentro al partito sarebbe per lui un notevole vantaggio, specie ora che i sondaggi lo darebbero in vantaggio per la Casa Bianca.

 

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