Egitto, Fratelli Mussulmani a un soffio da maggioranza assoluta seggi

Si sono concluse le operazioni di voto per la complessa e farraginosa elezione dei 498 deputati dell’Assemblea Nazionale egiziana, la camera bassa del parlamento. Dopo tre round, ciascuno con un secondo turno per i ballottaggi, la commissione elettorale ha reso noti i risultati definitivi, che riguardano tutti i seggi: i Fratelli Mussulmani sono largamente primo partito, rappresentati dalla sponda politica Libertà e Giustizia, che si è aggiudicata 245 seggi, di cui 118 con il sistema maggioritario a doppio turno. A seguire vi sono i salafiti, una formazione islamista e fanatica, che si è imposta a sorpresa in queste elezioni, ottenendo il 24% dei consensi e 121 seggi. I liberali del Wafd si sono fermati a un miserrimo 9%. A questi seggi si devono aggiungerne altri 10, nominati dalla giunta militare che guida il Paese dopo la cacciata di Mubarak.

Il processo elettorale, tuttavia, non si è del tutto concluso. Adesso bisognerà eleggere anche la Shura, il Senato e il presidente, carica ricoperta per 30 anni da Hosni Mubarak.

E proprio sulle elezioni presidenziali, i Fratelli Mussulmani, tramite il loro leader Mohamed Badei, hanno fatto sapere che non intenderebbero partecipare alla competizione, perché nessun uomo può essere al di sopra del parlamento, ossia della volontà diretta del popolo. Allo stesso tempo, Badei ha affermato che l’Occidente boicotterebbe una guida islamica, come ha fatto anche con Hamas, pertanto, ritiene che il partito non presenti la sua candidatura per le presidenziali.

Negli ultimi mesi, i Fratelli Mussulmani starebbero stringendo un accordo di governo con il Blocco egiziano, i liberali usciti stracciati dalle urne, ottenendo i resti dei partiti islamisti. Libertà e Giustizia intende non stringere alcuna alleanza con i salafiti, mentre punta ad accreditarsi tra le cancellerie occidentali, come partito moderato e affidabile.

Resta il nodo dei rapporti con l’esercito. Deciso a non mollare così facilmente il potere e che sta gestendo in piena solitudine il processo elettorale, rinviando il più possibile la data del voto per il presidente, carica che esercita il potere reale nel Paese.

Proprio lo scontro tra militari e oppositori ha provocato una nuova ondata di sangue a dicembre, conseguenza di una repressione che fa temere sulla tenuta delle istituzioni del dopo Mubarak, ora che se ne festeggia il primo anno della sua caduta.

 

 

Impostazioni privacy