In arrivo novità sui criteri di valutazione delle lauree per i «consumatori di formazione»

Venerdì prossimo si terrà una nuova riunione del Consiglio dei Ministri per un confronto sul valore legale delle lauree. Il Governo cercherà nei prossimi giorni di creare un nuovo sistema di valutazione per definire il peso legale delle lauree nei concorsi pubblici. La proposta consiste nell’introdurre come criterio di valutazione dei titoli di studio, il prestigio accademico di un’università rispetto alle altre. Le indiscrezioni parlano di una proposta quasi pronta per essere presentata ai ministri. Una discussione informale sul tema si è già tenuta venerdì scorso ed erano presenti, oltre al presidente Mario Monti, anche il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri, il ministro della Giustizia Paola Severino, il ministro delle Pubblica Amministrazione Patroni Griffi e il ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi.

La proposta mira a modificare i criteri di selezione utilizzati nei concorsi pubblici. Con il nuovo metodo, tranne che per i casi in cui ci sia bisogno di competenze tecniche specifiche, cadrà il vincolo del tipo di laurea. Per diventare dirigente di una struttura pubblica, ad esempio, non sarà importante che la laurea conseguita dai candidati sia in Economia, piuttosto che in Lettere; conteranno le capacità dimostrate durante il concorso. Oltre a questo, il voto di laurea non sarà più un criterio utile al calcolo del punteggio finale di un candidato. Inoltre, e qui sta la novità più “succosa”, peserà il prestigio dell’ateneo nel quale il candidato ha conseguito la laurea. Quindi, le università non sarebbero più, de facto, tutte uguali.

Non c’è ancora l’ufficialità di tale progetto, ma arrivano già dichiarazioni a sostegno della proposta. Da Confindustria, si fa sapere che «non si può non essere d’accordo», essendo questa una mossa che «va sicuramente nella direzione di una vera liberalizzazione». Si sottolinea però, come si debba anche proteggere il «consumatore di formazione»(studente e famiglia), sulla qualità del prodotto (l’università) che si sceglie. Bisognerebbe cioè aiutare il “consumatore” a scegliere la “giusta” università, cioè quella che non gli precluda sbocchi lavorativi futuri. Indicargli quali sono gli atenei da evitare, in pratica.

«Nel settore privato non cambierà molto», assicura Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.« E’ del tutto ovvio che un capo del personale di una qualsiasi azienda assume valutando i pro e i contro delle caratteristiche dei candidati, indipendentemente dalla laurea e dal suo stesso punteggio. Detto questo, se davvero il Consiglio dei ministri varasse un provvedimento del genere, si stabilirebbe un principio sacrosanto anche per la pubblica amministrazione. Cioè la possibilità di accedere per le competenze acquisite dalla singola persona e non solo in base al famoso “pezzo di carta”».

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