Iran con le spalle al muro, arrivano anche sanzioni UE

Da Bruxelles arriva una pessima notizia per la Repubblica Islamica dell’Iran. Al vertice dell’Eurogruppo di ieri è stato deciso che non potranno essere concordati nuovi contratti per l’acquisto di greggio e quelli vecchi fino al primo luglio dovranno essere rescissi. A conti fatti, per l’Europa significa rinunciare al 6% del proprio fabbisogno, che dovrebbe essere soddisfatto da maggiori importazioni da Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Per l’Iran, invece, significherebbe una minore domanda del 20%, una percentuale che difficilmente potrebbe riuscire a sostituire con maggiori esportazioni in Asia.

Infatti, sia l’Europa che gli USA starebbero facendo pressioni su tutti i più grossi importatori di greggio in Asia, come Corea del Sud, Giappone, ma anche Cina e India, affinché rinuncino ad acquistare petrolio da Teheran.

Non sappiamo se queste pressioni avranno o meno successo, ma conosciamo già quanto è accaduto un paio di settimane fa, quando è esplosa una diatriba tra Cina e Iran sul prezzo del greggio. Pechino, infatti, pretende che il prezzo venga abbassato, mentre Teheran lo aveva persino aumentato, per compensare le perdite derivanti dalle sanzioni americane. Il risultato è stato che i cinesi hanno acquistato una partita di greggio dai russi, pagandola a una cifra record, pari a un dollaro in più rispetto alla più alta offerta.

Per l’Iran si è trattato di un’avvisaglia di crisi e adesso la Repubblica degli ayatollah è al suo interno divisa sul da farsi. Il leader spirituale Khameini è per la linea dura: niente trattative e blocco dello stretto di Hormuz, da dove passa il 20% del greggio di tutto il pianeta.

Il presidente Ahmadinejad, invece, sarebbe per trattare, per aprire all’Occidente, che in cambio della revoca delle sanzioni chiede che Teheran sia più chiaro sugli obiettivi della sua dotazione di nucleare, fornendo dati e studi più precisi agli osservatori internazionali.

Se è vero, infatti, che la chiusura del canale potrebbe creare molti problemi all’Occidente, è altrettanto indubbio che gli USA reagirebbero prontamente, mentre l’economia iraniana rischierebbe il tracollo, per un effetto combinato tra inflazione galoppante e svalutazione del rial per circa il 60%.

Proprio questa prospettiva indurrebbe il più cauto Ahmadinejad a inviare qualche segnale di fumo alle capitali occidentali quanto prima, rimarcando così una frattura interna tra lui e l’ayatollah, che si è fatta sempre più evidente negli ultimi due anni.

 

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