Sirtaki bond, oggi scade termine per aderire a “swap”

Soltanto stasera potremo dire se effettivamente la Grecia avrà evitato per il momento il rischio default. Infatti, alle ore 21 di oggi scade il termine previsto dalla Repubblica Ellenica per aderire all’operazione di concambio o “swap”, che prevede la sostituzione dei vecchi titoli in possesso dei creditori privati con bond di nuova emissione. Lo “swap” si basa su un accordo trovato nelle scorse settimane tra il governo di Atene e gli obbligazionisti dell’Institute of International Finance, guidato da Charles Dallara, che possiedono 206 dei 350 miliardi di debito pubblico ellenico.

L’intesa prevede che i vecchi bond vengano sostituiti da bond di nuova emissione e dal valore nominale complessivo, pari al 46,5% di quello precedente. In sostanza, la rinegoziazione dei titoli implica una perdita nominale del 53,5%, che sgraverà la Grecia di 107 miliardi di euro di debito, permettendo ai suoi conti pubblici di virare dall’attuale 160% di rapporto tra debito e pil a un più gestibile 120% entro il 2020.

Tenendo conto dei prezzi medi sul mercato, l'”haircut” salirebbe al 75% circa. Il 31,5% del valore nominale dei vecchi titoli sarà rimborsato con 20 titoli di nuova emissione e tutti dello stesso importo, con scadenza progressiva dagli 11 ai 30 anni. Il restante 15% sarà, invece, rimborsato con tre bond di pari importo ed emessi dall’Efsf, il Fondo europeo di salvataggio, con scadenza a 6, 12 e 24 mesi. Su tutti sarà applicato un rendimento del 2% fino al 2015, del 3% dal 2016 al 2020 e del 4,3% oltre il 2020. Inoltre, sarà possibile per gli obbligazionisti sottoscrivere anche bond di nuova emissione, il cui rendimento sarà maggiore di quello previsto dallo “swap”, nel caso in cui il pil ellenico dovesse crescere nei prossimi anni oltre una certa soglia minima indicata.

Fin qui, si è parlato sempre di banche e investitori istituzionali, ma va precisato che l’accordo in scadenza tra poche ore riguarda anche i piccoli risparmiatori privati, che possiedono complessivamente 16 miliardi di bond ellenici, pari al 7,7% del debito rinegoziato. Tra di loro, gli italiani ne possiederebbero circa un miliardo.

Ora, la madre delle questioni stasera sarà la percentuale delle adesioni. La Repubblica Ellenica ha messo nero su bianco che nel caso in cui all’offerta aderiranno obbligazionisti in possesso complessivamente di meno del 90% dei 206 miliardi, il governo si riserva la facoltà di ri-offrire il concambio, sempre che la percentuale di adesione sia almeno del 75%. Nel caso, invece, in cui essa sia anche inferiore, l’operazione di “swap” sarebbe annullata e ciò darebbe vita al default incontrollato.

La Grecia, infatti, ha chiarito di non essere disposta ad accettare un’adesione inferiore al 90%, perché ciò implicherebbe la necessità di correggere ancora una volta i suoi conti pubblici. Da un punto di vista normativo, lo stato è abbastanza garantito. Il 90% circa del valore circolante dei 206 miliardi di bond si trova sotto la legge greca, mentre solo il 10% è stato emesso sotto la legge internazionale, che ricalca quella inglese.

Quanto ai primi, una legge varata dal Parlamento di Atene lo scorso 23 febbraio impone anche a chi non ha aderito all’offerta di accettarne le condizioni, mentre sui secondi la garanzia sarebbe data nel caso in cui almeno i due terzi abbiano partecipato al concambio. Tuttavia, la questione non è così semplice. Imporre a chi non ha aderito di accettare lo “swap” significa che l’operazione non sarebbe più volontaria. A questo punto, gli obbligazionisti obbligati potrebbero ricorrere all’International Swaps and Derivates Association (Idsa), la quale molto probabilmente dovrebbe considerare l’atto un “grilled event”, facendo scattare il pagamento dei cds (credit default swaps), ossia dei titoli assicurativi per il rischio bancarotta, in favore di chi li aveva sottoscritto.

Essi sono stimati per un valore nominale netto di 3 miliardi circa e 75 miliardi lordi. Un’ipotesi del genere, tuttavia, creerebbe le premesse per un terremoto finanziario, dalle conseguenze inevitabili anche per Italia e Spagna, con la necessità di erogare salvataggi dal valore complessivo calcolato in mille miliardi di euro.

Oltre tutto, l’Isda non potrebbe così a cuor leggero evitare di considerare l’obbligo un “credit event”, in quanto ciò farebbe venire meno la credibilità e l’appetibilità di tutti i 2.900 miliardi di cds sottoscritti nel mondo, con un vero tracollo di questo mercato.

Per questo, il governo greco ha fatto pressioni molto pesanti sui creditori, in questi ultimi giorni, arrivando a minacciare chi non aderisse di non rimborsare loro nemmeno un centesimo.

Stando ai dati in possesso ieri sera, pare che abbiano aderito obbligazionisti per un valore capitale di almeno 81 miliardi, pari al 40% circa dei bond. Ma altri dati parlano di un’adesione già al 58% o anche al 66%, il che lascia ben sperare che la partecipazione alla fine della giornata di oggi possa essere molto alta. Ma arriverà al tanto agognato 90%. Non dimentichiamoci di quel 7,7% nelle mani del retail, che aggiunto a quanti hanno sottoscritto i cds e i bond sotto la legge inglese, potrebbe essere determinante per non fare scattare la soglia richiesta.

Infatti, il canale retail ha sottoscritto i titoli di stato greci in moltissimi casi al prezzo di 100 (alla pari) o vicinissimo a tale prezzo, risultando oggi tra i più penalizzati dell’operazione di concambio.

 

 

Impostazioni privacy