Live: Wilco @ Estragon, Bologna – 9 Marzo 2012

La parola d’ordine sembra essere spiazzare, arrivare sempre un passo più in là di quello che si aspetta l’audience. Nella seconda data italiana del loro tour europeo Jeff Tweedy e compagni hanno giocato per più di due ore con le aspettative del pubblico, forti di un repertorio ormai invidiabile, nel quale ovviamente hanno fatto la parte del leone i pezzi del nuovo album The Whole Love.

Se infatti il concerto si è aperto in tono minore, con la lunga e delicata One Sunday Morning, tutti i primi brani inseriti in scaletta hanno evidenziato il lato più sperimentale del sestetto di Chicago: la coda cacofonica di Poor Places ha fatto da apripista per la lunga jam Art of Almost, che sembra suonare sempre meglio ad ogni esecuzione dal vivo. Da lì la strada è stata tutta in discesa, con I Might e I Am Trying to Break Your Heart a trascinare un pubblico abbastanza attempato, ma non per questo meno disposto a godersi la serata.

Tanti gli highlights della serata: un’intensa One Wing guidata dalle tre chitarre di Tweedy, Nels Cline e del multistrumentista Pat Sansone, due esecuzioni pressoché perfette dei nuovi classici Dawned On Me e Born Alone, la cover di Laminated Cat del side-project Loose Fur, e persino una versione lenta e countreggiante del pezzo forse più ostico della loro intera discografia, vale a dire il kraut rock ripetitivo di Spiders (Kidsmoke). La band sul palco è stata la consueta macchina da guerra, ormai perfettamente oliata dopo tre album con la stessa formazione: il chitarrista Nels Cline ha sfoggiato il suo repertorio fatto di virtuosismi (l’interminabile assolo di Impossible Germany), tentazioni noise e languida slide guitar, mentre Glenn Kotche alla batteria ha abilmente supportato il bassista John Stirratt, gregario di lusso e vero motore della band.

Poche le interazioni con il pubblico di un Jeff Tweedy apparso comunque di ottimo umore: tra un’ironica invettiva contro i produttori di t-shirt taroccate (colpevoli di aver messo in vendita una maglietta in cui figuravano solo 4 membri della band) e più sorrisi del solito, ha sfoderato la voce che l’ha ormai reso famoso, sembrando a suo agio anche nei divertissement come Capitol City e Heavy Metal Drummer.

Il gran finale è stato affidato al pop esplosivo di A Shot in the Arm, dopodiché Tweedy e compagni sono tornati sul palco per un lungo bis di 6 pezzi: la lenta Via Chicago (solitamente uno dei pezzi forti dei loro concerti, ma stasera stranamente inadatta al clima di celebrazione instauratosi tra pubblico e band), seguita dai brani più spensierati della loro produzione: The Late Greats, Walken, I’m The Man Who Loves You, Monday e la punkeggiante I’m a Wheel, che ha mandato tutti a casa contenti.

Per chi li aveva già visti con il tour precedente, una grande conferma: andare ad un concerto dei Wilco oggi significa affidarsi ad un professionismo che sembra ormai essere l’eccezione in ambito indie rock. Una band in stato di grazia, che dal vivo riesce a riscattare anche i suoi brani meno convincenti, e sembra sempre più avviata a diventare un grande classico del rock di questi ultimi vent’anni.

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