Grecia, scattano cds. Incognita rimborsi e spettro ri-default

Con una decisione attesa, ma non per questo meno traumatica, l’International Swaps and Derivates Association si è pronunciata per dichiarare ammissibile la richiesta dei creditori assicurati di fare scattare l’obbligo del rimborso dei “credir default swaps” emessi sui bond ellenici. La decisione avviene alla fine della settimana in cui si è avviata l’operazione di “swap” tra vecchi titoli di stato greci e bond di nuova emissione, che ha di fatto falcidiato il debito pubblico greco di circa 90 miliardi, ma che dovrà essere ancora completata nei prossimi giorni.

Infatti, all’offerta della Repubblica Ellenica hanno aderito creditori privati in possesso dell’85,8% dei 206 miliardi di bond in circolazione, ma per effetto di una legge approvata lo scorso 23 febbraio dal Parlamento di Atene, anche i 25 miliardi restanti di bond emessi sotto la legge greca potranno essere obbligati alla conversione. Lo stesso dicasi ai 9 miliardi circa di titoli acquistati sotto la legge internazionale, per via dell’adesione già di oltre i due terzi del capitale.

In sostanza, entro il 23 marzo, di fatto i 206 miliardi di euro di bond saranno pienamente convertiti, con le buone o con le cattive, in titoli di nuova emissione, dal valore nominale complessivo del 53,5% di quello nominale originario, di cui il 31,5% in 20 titoli di pari importo e con scadenza da 11 a 30 anni; il restante 15% in 3 titoli a 6, 12 e 24 mesi emessi dall’Efsf, il Fondo europeo di salvataggio. Su questi bond, gli interessi saranno del 2% fino al 2015, del 3% dal 2016 al 2020, del 4,3% dal 2021. C’è anche la possibilità di sottoscrivere bond a interesse cedolare legato all’andamento del pil. Essi daranno, cioè, un interesse più alto, nel caso in cui nei prossimi anni il pil greco aumentasse più delle percentuali previste.

Tuttavia, l’operazione di salvataggio non viene digerita dalle agenzie di rating. Se già Standard & Poor’s ha declassato i bond greci al livello “SD”, ossia di “Selective Default” o “default parziale”, anche Moody’s ha abbassato il suo giudizio al minimo, C.

Ora, il fatto che la Grecia possa obbligare un creditore ad aderire a un’offerta ha creato il presupposto per cui questi abbia titolo per fare scattare il “credit event” per chiedere il rimborso del cds, qualora ne abbia uno in possesso. In sostanza, secondo anche l’Isda, siamo di fronte a un vero caso di default, per quanto controllato. D’altronde, come spiegare il fatto che il salvataggio della Grecia passi per l’assunzione di perdite nominali del 53,5% a carico dei creditori?

Ma il problema dei cds è tutt’altro che secondario. Finora, molti hanno sottovalutato la situazione, sulla base della stima di 3,2 miliardi di euro netti da rimborsare. In effetti, saremmo di fronte a un importo sostenibile per il sistema bancario internazionale che ha emesso i cds. Tuttavia, tale cifra è al netto, mentre l’importo lordo sarebbe di circa 70 miliardi. Vediamo perché.

Le banche che hanno venduto cds agli obbligazionisti a loro volta avevano spesso acquistato cds per assicurarsi dal rischio bancarotta da altri istituti. Ad esempio, le prime tre banche italiane hanno acquistato 1,248 miliardi di euro complessivi di titoli assicurativi, mentre ne hanno venduti 1,533 miliardi, risultando al netto esposti negativamente per 285 milioni.

Ora, quando le cifre sono di questi livelli, tutto sommato tra incassi ed esborsi il sistema dovrebbe reggere. Ma mettiamo il caso di Deutsche Bank. Essa ha acquistato cds per 37,4 miliardi, mentre ne ha venduti per 34,5 miliardi. Al netto, l’istituto tedesco dovrebbe essere esposto positivamente per 2,9 miliardi. Ma mentre gli esborsi sono certi, siamo così sicuri che i suoi debitori pagheranno con altrettanta solerzia e facilità? Se, cioè, uno degli anelli della catena dei cds dovesse non essere solvente, cosa accadrà all’intera montagna dei titoli assicurativi? La risposta ovvia è che irromperebbe sul sistema finanziario il dato lordo, non già il netto. In altri termini, saremmo messi davanti all’evidenza.

All’Eurogruppo di stasera, si affronterà ancora una volta il caso Grecia, dopo avere esaminato anche quello di Spagna e Portogallo, alle prese con il mancato raggiungimento degli obiettivi fiscali concordati con Bruxelles. Si dovrebbero sbloccare aiuti per Atene per 94,5 miliardi, dopo che sono stati già assicurati 35,5 miliardi per finanziare i titoli di nuova emissione da parte dell’Efsf, a parziale rimborso dei vecchi bond per i creditori privati.

Tuttavia, non fa ben sperare il trend sul “grey market” del debito di nuova emissione della Grecia, che sebbene ancora non esista in circolazione, di fatto viene già quotato. Il problema è che esso viene valutato a un valore scontato sul nominale tra il 71% e il 79%, tra 21,4 e 28,75. Considerando che già il valore iniziale di riferimento è solo il 46,5% di quello nominale iniziale pre-swap, siamo dinnanzi a un debito greco ormai quotato sul mercato a circa il 12-14% del suo valore.

In altri termini, la finanza non ha (maggiore) fiducia della Grecia, anche dopo il salvataggio europeo e l’operazione di concambio. Il mercato valuta nei fatti Atene come un creditore non solvente e non ne fanno mistero nemmeno gli stessi vertici internazionali, Fondo Monetario in primis, che entro la fine dell’anno potrebbe essere necessario un ulteriore pacchetto di aiuti per 28 miliardi. Il default è stato solo rimandato e gli investitori restano in attesa di quello che viene ora definito il “ri-default”.

 

 

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